È ancora una volta merito di Guido Scorza se veniamo a sapere di un aggravamento nei contenuti del decreto Romani. Ora si pensa di inserire un dispositivo di “clic sicuro” per cui se un minore visita un sito che è classificato in una lista di destinazioni “pericolose” (compilata da chi?), uno sms parte alla volta del cellulare dei genitori.
Scorza mette in campo argomentazioni di cultura giuridica liberale, facendo notare che anche i minori hanno diritto ad una loro privacy. Ma allarma non solo la somiglianza tra l’idea di Romani – lo fa notare ancora Scorza – con la “diga verde” cinese, cioè il dispositivo hardware che in Cina dovrebbe impedire la navigazione su siti “insicuri”, ma il fatto che questo orientamento si unisce ad una pratica di formazione delle decisioni accentrata ed opaca.
Si incontrano i rappresentanti di Facebook (lo ha fatto il ministro Maroni di recente) e si dichiara che il metodo per risolvere il problema delle pagine pericolose (pericolose secondo il governo) è risolto mentre appena poche ore prima era un’emergenza nazionale. Si incontrano Yahoo! e Google, e subito dopo si dichiara che le misure restrittive sulla diffusione di contenuti televisivi via rete saranno ammorbidite (quindi decide il governo a trattativa segreta con aziende private di una materia che riguarda la libertà di espressione di tutti).
Si vuole agire per la protezione dei minori e si acquisiscono senza colpo ferire “liste di siti insicuri” (quali?) e si sequestra presso il governo sia il diritto di stabilire cosa è pericoloso sia quello di agire per via breve inserendo questo e quello nell’elenco dei luoghi proibiti. Senza un’oncia di trasparenza su criteri, regole, orientamenti. Nulla è discusso in pubblico, né il merito né il metodo. La politica intesa come esecutivo, e nemmeno come parlamento, decide tutto da sola: semmai servendosi di strutture di apparato che hanno un loro specifico interesse di potere e influenza nell’accrescere il senso dell’allarme.
C’è da chiedersi quanti capiscano – nei giornali, nei partiti, nella società – che queste cosucce internet di cui niente arriva neanche in aula in parlamento, stanno decidendo diritti di libertà fondamentali. Dov’è l’intergruppo parlamentare per la rete? Dove sono i liberali come l’onorevole Cassinelli? Non sarebbe ora di spiccicare parola? E il partito democratico, che fa? Quella che avanza sotto il nome di sicurezza si chiama censura. Per non parlar del metodo dell’opacità e del sequestro delle decisioni.
[fonte: Scene Digitali – Vittorio Zambardino]