Resterà aperta fino al 9 settembre al CIAC Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno
la mostra dedicata all’opera di Vincenzo Agnetti, a cura di Italo Tomassoni e Bruno Corà, in collaborazione con l’Archivio Agnetti di Milano. Singolare protagonista outsider dell’arte italiana degli anni Sessanta-Settanta, Agnetti è considerato anche uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale internazionale. Artista visivo, poeta, scrittore, nasce a Milano il 14 settembre 1926. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera segue anche la Scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta da Giorgio Strehler. Ancora giovanissimo inizia le prime esperienze di pittura informale e di poesia di cui tuttavia non restano tracce.
Tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, partecipa alla vicenda della rivista d’arte Azimuth e dell’omonima galleria fondata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani, coi quali stringe un sodalizio durato tutta la sua breve vita. Nel 1962 si reca in Sud America e risiede in Argentina sino al 1967, compiendo un’esperienza nel campo dell’automazione elettronica. Sosta poi a New York. Al rientro in Italia riprende i contatti con l’editore Vanni Scheiwiller, con cui aveva già collaborato nel 1958, scrivendo un testo critico-poetico per le Tavole di accertamento di Piero Manzoni. E’ nel ’67, infatti, che Agnetti pubblica nelle edizioni Scheiwiller il suo romanzo-manifesto Obsoleto, con una copertina a rilievo realizzata da Enrico Castellani e nel contempo realizza la sua prima mostra personale presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dove espone Principia, una delle sue opere di “logica permutabile”. Con opere come queste prende corpo la problematica della relatività dei significati del linguaggio, dimostrando che se l’opera, con la forza della sua essenza visiva, comunica di per sé, tuttavia essa reca anche una sottostante valenza critico-epistemologica. A riprova di ciò, nel 1968, nel pieno della contestazione studentesca, espone la sua Macchina drogata, una calcolatrice Divisumma 14 Olivetti, i cui centodieci numeri vengono sostituiti da Agnetti con altrettante lettere dell’alfabeto, idonee piuttosto alla composizione e intonazione poetica che al calcolo.
Ma la Macchina drogata presente al CIAC nella mostra di Foligno non è che una delle circa cinquanta straordinarie opere esposte insieme ad alcuni altri capolavori come l’Apocalisse, il Libro dimenticato a memoria, gli Assiomi, su bachelite, i Feltri pannelli incisi a fuoco e altre importanti opere, tra cui Surplace quattro sculture e le Photo-Graffie di poco precedenti la sua scomparsa. Numerosi sono i viaggi compiuti da Agnetti in vari paesi tra cui quelli in Norvegia e nel Qatar, da cui invia una serie di lettere all’amico Scheiwiller, che saranno pubblicate postume nel 1981 e infine a New York, dove, sin dal 1975 apre uno studio e si confronta con la comunità artistica della città, attenta al suo lavoro teorico e artistico, osservandone l’opera presso la galleria di Ronald Feldman con cui egli collabora. Ma l’attitudine collaborativa con altri artisti della sua generazione è egualmente frequente al punto di realizzare opere insieme a Gianni Colombo (Vobulazione e bieloquenza), Paolo Scheggi (ll trono), Claudio Parmiggiani (Lo scriba), e altri.
Vincenzo Agnetti, L’OperAzione concettuale
ClAC Centro Italiano Arte Contemporanea, via del Campanile, 13 Foligno
Fino al 9 settembre
Ingresso: gratuito
info@centroitalianoartecontemporanea.it
www.centroitalianoartecontemporanea.com