Le cascate del Niagara
Grandiose cascate del fiume Niagara! Mi trovo a cavallo fra Stati Uniti e Canada, nella parte occidentale dello stato di New York e in quella sud orientale della provincia canadese dell’Ontario. Sono dalla parte “canadese” e sono qui per ammirare uno tra i più maestosi spettacoli naturali al mondo, le cascate infatti si compongono di due cataratte: la Canadian Fall (o Horseshoe Fall), alta 49m, sul lato canadese del fiume, e la American Fall, di 51m, sul lato statunitense.
Sono separate dalla Goat Island, che appartiene allo stato di New York. La linea di cresta della Canadian Fall, dalla caratteristica forma di mezzaluna, vede scorrere una quantità d’acqua circa nove volte superiore a quella della cascata statunitense; è lunga circa 790m, mentre la cresta dell’American Fall misura circa 305m. Le cascate del Niagara si formarono circa 12.000 anni fa, in seguito alla ritirata dei ghiacciai che provocò il deflusso delle acque del lago Erie sulla cosiddetta Niagara Escarpment, una dorsale montuosa che si estende dall’Ontario meridionale fino al limite settentrionale dello stato di New York.
Le cascate possono essere ammirate da numerosi punti panoramici posti su entrambe le sponde del fiume, da torri di osservazione, da imbarcazioni, da Goat Island e dal Rainbow Bridge, situato poco a valle delle cascate. Attualmente mi trovo su di un battello che mi porterà direttamente sotto il getto delle cascate e infatti sono ben equipaggiata con un Impermeabilone che mi avvolge dalla testa ai piedi e da un ulteriore cappuccio Impermeabile. Diciamo che non mi sento pronta per sfilare da Prada, ecco !
Il battello fila veloce seguendo la corrente e prima di salutarvi, infilando il mio Tablet nella chiusura a tenuta stagna che mi hanno gentilmente fornito vi racconto alcune curiosità. Numerosi furono i tentativi (umani) di sfidare le rapide sia dal lato americano sia da quello canadese. Esiste tutta una sfilza di storielle e leggende sull’argomento che sfiorano spesso il comico e l’assurdo. Di sicuro il tragico, visto che pochi di questi individui si salvarono.
La sfida alle cascate
Ad aprire la serie fu il saltatore yankee, all’anagrafe Sam Patch, un fuori di testa che, nell’ottobre del 1829 costruì un trampolino sulla Cascata a ferro di cavallo e si lanciò restandoci secco. Seguirono diversi tentativi utilizzando mezzi esterni come il singolare bidone di Annie Taylor Edson che fu la prima donna a lanciarsi nel 1901 dalle cascate canadesi. Essa entrò nel bidone insieme al suo gatto e si lanciò rimanendo illesa. Questo evento la rese l’eroina delle cascate tanto che fece un tour in compagnia del barile e (se non morì per lo spavento) del gatto.
Ci ritentò nel 1911 anche Bobby Leach, affinando però il mezzo che, più che barile, sembrava una tuta da palombaro.
Ma la prima a lanciarsi in assoluto dalle cascate fu la protagonista di una leggenda. Come tutti i luoghi magici che si rispettino, infatti, anche le cascate del Niagara ne possiedono una. Si narra di una giovane ragazza data in sposa a un uomo che disprezzava. Lelawala, questo era il suo nome, non sopportava l’idea di questo matrimonio e decise dunque di sacrificarsi a colui che amava davvero: He-No, il Dio Tuono. Salì su una canoa e sfidò le forti correnti finendo giù nelle cascate canadesi sotto le quali viveva il Dio. Questi era giusto sotto ad accoglierla col suo abbraccio per tenerla per sempre con sé. Il vapore acqueo che la risucchiò nei suoi bianchi anfratti valse a Lelawala l’epiteto di dama della nebbia.
Io ora passo e chiudo ma sono sicura che, se come me verrete qui e guarderete con attenzione, la vedrete danzare, elegante ed evanescente, per dissolversi nel momento successivo con la leggerezza e l’armonia tipiche delle creature dei boschi.
50 anni dallo sbarco sulla Luna
Washington D. C., “L’Aquila è atterrata, l aquila è atterrata!”.
Siamo il 20 luglio 1969 e le parole del comandante Neil Armstrong arrivarono nitide al centro di controllo della Nasa a Houston e da lì rimbalzarono sulle tv e le radio di tutto il mondo, in un entusiasmo che molto probabilmente non è stato ancora eguagliato da nessun’altra impresa umana.
Mi trovo a Whashinton D. C. e proprio qui, nella capitale degli Stati Uniti, festeggio insieme ai locali americani i cinquanta anni dallo sbarco dell’uomo sulla luna. Qui l’evento è molto sentito, la gente si è decisamente riversata nelle strade e festeggia allegramente mangiando e bevendo l’impossibile: si sta aspettando il countdown delle 11.59, ora esatta dell’anniversario del grande avvenimento e qui ferve un entusiasmo genuino per quello che viene sentito come un vero e proprio successo americano.
La partecipazione di tutti è tanta ma soprattutto di quelli che possono testimoniare e raccontare di aver visto, in tempo reale quelle famose immagini black and white che annunciarono a tutto il mondo un futuro luminoso e quasi fantascientifico, nel quale i collegamenti fra la Terra e la Luna sarebbero stati la regola, anche se tutto quello che si sperava è accaduto solo per pochissimi anni ancora, poco più di tre, con altre sei missioni in tutto.
Entrando più nello specifico, lo sbarco sulla Luna era stato il risultato di una corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica scatenata il 4 ottobre 1957 dal ‘bip’ del primo satellite artificiale, il sovietico Sputnik. Da quel momento le due superpotenze avevano inseguito un record dopo l’altro senza risparmio di colpi e con un netto vantaggio iniziale dell’Urss, soprattutto quando il 3 novembre 1957 lo Sputnik 2 aveva portato nello spazio il primo essere vivente, la cagnetta Laika e il 12 aprile 1961 era arrivato in orbita il primo uomo, Yuri Gagarin. Ecco allora alcuni dati e curiosità su questo “piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità”.
L’anniversario della missione Apollo 11
La durata complessiva della missione, lanciata esattamente 50 anni fa, il 16 luglio 1969, fu di 8 giorni, 3 ore, 18 minuti e 35 secondi. Il calcolo è effettuato partendo dal decollo del vettore Saturn V dal centro spaziale intitolato a John F. Kennedy, sulla costa orientale della Florida (16 luglio alle 12:32), e terminando con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico, avvenuto il 24 luglio alle 16:50:35 (le ore sono quelle riferite al meridiano di Greenwich).
La distanza Terra-Luna percorsa fu di 348.400 chilometri, in andata e poi in ritorno: come fare per un totale di diciannove volte il giro della Terra in corrispondenza dell’equatore.
Tre uomini in missione, solo due sulla Luna. L’equipaggio era composto da tre persone: Michael Collins, Neil Armstrong ed Edwin Eugene Aldrin, detto Buzz. Per tutti e tre si trattò del secondo e ultimo volo spaziale. Collins rimase in orbita lunare, alla guida del modulo di comando, mentre gli altri due utilizzarono il cosiddetto modulo lunare Eagle per giungere sulla superficie della Luna, dove rimasero per un totale di 21 ore, 31 minuti e 40 secondi. L’attività svolta al di fuori del modulo Eagle durò però molto meno: 2 ore, 31 minuti e 40 secondi. Terminata l’esplorazione, Armstrong e Aldrin utilizzarono lo stadio di ascesa di Eagle per lasciare la superficie e ricongiungersi con il modulo di comando. Portarono con loro 21,55 chilogrammi di campioni lunari.
Lo sbarco sulla Luna in diretta TV
Si calcola che almeno 600 milioni di persone in tutto il mondo guardarono l’evento in televisione. Il riferimento imprescindibile fu la diretta organizzata dall’emittente statunitense CBS e condotta da Walter Cronkite, uno dei più stimati giornalisti dell’epoca, che rimase seduto davanti alle telecamere per 27 delle 30 ore di durata della trasmissione. Dopo il primo passo compiuto da Neil Armstrong e dopo la celebre frase da lui pronunciata (“questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità”), Cronkite fu sopraffatto dall’emozione e riuscì solo a dire: “Man on the moon!…Oh, boy…Whew, boy!” (“L’uomo è sulla Luna! O, cavolo… Wow, cavolo!”).
La NASA portò altre cinque missioni sulla superficie lunare: Apollo 12, 14, 15, 16 e 17, per un totale dieci astronauti discesi sulla Luna oltre ad Armstrong e Aldrin. La numero tredici non atterrò a causa di un incidente durante il volo e le successive tre missioni, già pianificate, non furono effettuate a causa di tagli al bilancio della NASA. Tenendo conto di tutte e sei le missioni arrivate sulla Luna, complessivamente furono raccolti e riportati sulla Terra 362 chilogrammi di reperti e furono percorsi 96,5 chilometri sulla superficie del nostro satellite. Quest’ultimo numero, che è piuttosto grande, si spiega tenendo conto dei moduli a ruote portati sulla Luna dopo la missione Apollo 11, pilotabili da un astronauta e che consentirono esplorazioni più vaste.