La grande mela
New York, un sogno realizzato per chi ama viaggiare! Tutti, una volta nella vita, dovrebbero provare l’ebbrezza di camminare con la testa rivolta verso il cielo per ammirare gli altissimi grattacieli della Grande Mela, come me in questo momento…
Ehi, un attimo, ma perchè New York viene chiamata così? Quante volte si è sentita chiamare New York con l’appellativo “The Big Apple”? Effettivamente è un nome decisamente curioso e così mi attrezzo di tablet, mi apparto su una delle panchine di questa meravigliosa città tutta da scoprire e ricerco qualche info utile a saziare la mia curiosità.
Cerca che ti cerca, scopro subito che le origini di questo nome affondano di circa un secolo nella storia e più precisamente al 1909, quando questo appellativo compare per la prima volta: succede quando Edward S. Martin nel suo libro “The Wayfarer in New York” paragonò lo Stato di New York a un melo, con le radici nella valle del Mississippi e il frutto a New York. Decisamente un’immagine molto simbolica e suggestiva, gliene do merito. Proseguo nella mia ricerca e scopro che, agli inizi degli anni ‘20 poi, il primo a utilizzare effettivamente il termine Big Apple fu il redattore sportivo, nonché uomo politico, John J. Fitzgerald. Dopo aver, infatti, sentito chiamare così l’ippodromo di New York da alcuni scommettitori sulle corse dei cavalli, chiamò la sua rubrica “Around the Big Apple”. Grande mela, in questo senso, stava a indicare le grandi vincite sulle scommesse dei cavalli.
A diffondere ulteriormente questo soprannome ci ha pensato anche la musica Jazz e lo capisco quando leggo da un articolo sul questo genere musicale che era proprio “una tonda mela rossa” il compenso che ricevevano i musicisti degli anni ‘30 suonando nei locali di Harlem e Manhattan. Iniziarono così a soprannominare New York come la Grande Mela, capitale di successo della musica jazz nel mondo. Quando un concerto si teneva lontano dalla città usavano invece dire che andavano a suonare sui “rami”.
Ma poi, come si diffuse e consolidò questo nomignolo? Anni dopo, nel 1971, il nome Grande Mela fu ripreso dal presidente del turismo, Charles Gillet, durante una campagna di promozione della città. La città, nelle campagne pubblicitarie del tempo era paragonata a una grossa mela rossa e succosa: serviva per allettare i turisti e dare un’immagine invitante a una New York che spesso veniva vista come una città violenta e pericolosa. Da allora New York divenne per tutti la Grande Mela.
Bisogna arrivare al 1997, infine, quando il sindaco Rudolph Giuliani riconobbe ufficialmente la paternità del soprannome a John J. Fitzgerald, battezzando Big Apple Corner l’angolo tra la Broadway e la 54th strada, dove viveva il cronista sportivo, riconoscendo, di fatto l’ufficialità di un nome oggi conosciuto in tutto il mondo.
Metti una notte al buio…
È uno dei sabati sera d’estate più affollati del solito nel cuore di New York, perché oggi è il giorno dello spettacolo del Manhattanhenge, quando cioè il sole al tramonto si allinea perfettamente con le strade tra i grattacieli di Midtown.
Mentre cammino per la nona strada indecisa se scansare la coda serpeggiante sul marciapiede in attesa di entrare a vedere un concerto di Jennifer Lopez, all’improvviso si scatena il caos: si spengono tutte le luci e pure i semafori, le vetrine diventano improvvisamente buie, i negozi antri cupi e misteriosi.
La gente inizia a scappare come in un formicaio impazzito, le mamme strillano, i bambini piangono e persino i barboni, che fino ad un attimo prima erano buttati a terra e guardavano la gente pasare con una calma tutta loro, si tirano su in fretta, arraffano in velocità la loro valigia di stracci e… via..si salvi chi può !
Nel frattempo iniziano a partire i clacson delle auto inferocite che già erano ferme a passo d’uomo in fila precaria, attaccate una al paraurti dell’altra (e che costituiscono una vera fonte di vero pericolo per gli avventurosi abitanti di New York che le devono sempre scavalcare, tipo corsa ad ostacoli) e gli ascensori esterni dei grandi hotel, si proprio quelli di vetro, panoramici, futuristici missili terra-aria esterni agli edifici che ti portano su in un battibaleno fra le smisurate altezze e glorie di New York, si fermano come acquari fuori misura e fuori contesto, con le persone che appiccicano la bocca e le mani al vetro come tanti pesci rossi accalcati gli uni sugli altri.
Dura un attimo, poi il naturale buon senso newyorkese prevale ed ecco che già qualcuno si fa strada fra le macchine: “Ehi gente, è tutto a posto, niente panico: è un semplice blackout!”.
Partono visibili respiri di sollievo, le facce si distendono, le mamme asciugano le facce dei rampolli urlanti e li ripiazzano sui passeggini, c è chi apre il finestrino della macchina e si fuma una sigaretta.
Un carretto di hot dog inizia di nuovo a vantare la sua mecanzia: « Ehi, sconto speciale blackout: prendi uno te ne regalo tre! »
Non c è nulla da fare, New York è sempre New York !!!
Post scriptum
Leggo in diretta che il blackout ha colpito gran parte dell’isola proprio all’imbrunire, e la prima ad andare in tilt è stata la rete della metropolitana. In superficie, saltati i semafori, il traffico si è subito paralizzato, con il governatore dello stato Andrew Cuomo costretto a inviare gli uomini della Guardia nazionale per mantere l’ordine pubblico.
Calata l’oscurità, anche su buona parte del Central Park, in totale 72mila tra persone e aziende sono rimaste senza luce.
A me è andata bene: solo diciassette piani di scale da fare per arrivare alla mia stanza di hotel !
[/tw-toggle]