Colazione da Tiffany
Se si parla di icone di stile, di eleganza e bellezza, la regina non può essere che Holly Golightly, la Femme Fatale interpretata dall’attrice Audrey Hepburn e protagonista del film Colazione da Tiffany (1961). La Hepburn, meravigliosa negli abiti disegnati per lei da Yves Saint Lauren, è immortalata mentre passeggia per le strade di una New York splendida, romantica e abbagliante. Inutile dire che i luoghi del film sono ancora oggi meta di pellegrinaggio per milioni di appassionati.
E se Manhattan è l’isola felice di Holly Golightly, ad irrompere sulla scena di New York, alla fine degli anni ’90, ci pensa anche Carrie Bradshaw, protagonista della serie Sex and The City e interpretata da Sarah Jessica Parker. Aspirante erede al trono di regina della Grande Mela, Carrie deve molto alla Holly Golightly di Audrey Hepburn, che nel film di Edwards si muove leggiadra per le strade e i parchi di Manhattan.
Entrando più nello specifico, ora mi trovo al numero 169, East 71st Street e Lexington Avenue: qui si trova l’appartamento di Holly ed è proprio qui che Audrey Hepburn si affaccia alla finestra cantando Moonriver, accompagnando la sua voce con la chitarra. L’atmosfera è magica tanto che decido di dirigermi verso un altro luogo cult del film: la famosa gioielleria Tiffany.
Questo storico negozio ha affascinato e continua ad ammaliare tantissime donne che sperano di ricevere dal proprio amato un regalo proveniente proprio da qui e di stringere fra le mani la famosa “scatolina azzurro color Tiffany” che ormai è un vero e proprio brand. Una piccola delusione però: ad oggi la gioielleria Tiffany sulla Fifth avenue di New York sta cambiando look ed è temporaneamente chiusa per il rinnovo degli arredamenti e dei locali. Le vetrine sono abbassate e ci sono dei blocchi di cemento anti sfondamento davanti. Per il restilyng è stato chiamato un team di architetti tra i più bravi al mondo. Secondo il nuovo amministratore delegato Alessandro Bogliolo di Tiffany, pare che questa ristrutturazione del negozio di New York permetterà ai clienti di vivere un’esperienza completamente sensoriale che avvicinerà i gioielli ai visitatori in modo totalmente avvolgente e sensuale, lasciandoli completamente senza fiato.
Non ci resta che attendere il 2020…
La New York del grande Gatsby
Chi ha visto Il Grande Gatsby, firmato dal grande Baz Luhrmann, lo sa.
Sa che è davvero difficile immaginare un luogo più magico e romantico della villa del protagonista, interpretato da Leonardo Di Caprio, che si è resa la location più appropriata dove vivere il più sfrenato e sensuale periodo d’oro del Nuovo Nuovo Mondo, gli anni venti del Novecento. Erano gli anni in cui il lusso americano la faceva da padrone e intrecciava e allontanava i destini di milioni di persone che in quel periodo si incontravano per partecipare a incredibili e mirabolanti feste danzanti a Long Island.
La casa a cui il regista si è ispirato per l’adattamento cinematografico del romanzo di F. Scott Fitzgerald non è frutto di fantasia ma esiste veramente. La villa, che attualmente può essere acquistata alla “modica” cifra di 85 milioni di dollari, fu eretta nel 1928, ed è arricchita da un immenso parco che si stende per quasi 3,24 ettari. All’interno della casa si trovano 18 camere e, oltre ad un’area adibita a salone di bellezza, è inclusa anche una stanza utilizzata per la degustazione dei vini. Era stata messa in vendita già nel 2015 quando la cifra ammontava a 100 milioni di dollari, ma poiché tale richiesta non ha apportato finora alcun risultato, a quattro anni di distanza, il prezzo è stato abbassato.
Accanto alla casa patronale si trovano anche due dependance per gli ospiti. Queste non possono minimamente essere paragonate al semplice cottage presentato nel film in cui abitava Nick Carraway, interpretato da Tobey Maguire. Sono case, infatti, altrettanto lussuose quanto la villa, e godono di piscine, di una sala da bowling, un casinò e un poligono di tiro. Non manca all’interno della proprietà neanche un porto privato. Ed è qui che si svolgono le avventure del giovane Nick, il protagonista principale che racconta la storia, nostalgico delle “ampie praterie e di alberi incoraggianti”, si trasferisce, i fatti, a West Egg in una calda estate degli anni ’20.
Proprio in quella “snella isola ribelle” a est di New York, Nick è travolto dai fasti e dalle bizzarrie di un ambiente sociale a lui ignoto, dai bagliori scoppiettanti di feste faraoniche, da tradimenti, omicidi e avventure deliranti. Diventa testimone della drammatica relazione tra un misterioso milionario e una giovane aristocratica, Daisy, e in quell’universo crepuscolare Nick incontra e impara a conoscere quelli che diventeranno i protagonisti di un tragico destino, di una realtà sull’orlo di un continuo duello fra emozioni contrastanti: Jay Gatsby, prototipo dell’uomo fatto da sé che ha conquistato faticosamente un posto nella buona società, e Daisy, ricca madre annoiata il cui “mondo artificiale odorava di orchidee ed echeggiava di snobismo spensierato e giocondo e di orchestre che andavano a ritmo dell’annata, assommando in nuovi motivi la tristezza e la suggestione della vita”.
La villa di Gatsby risplende ogni notte a pochi passi dalla casa di Nick, affascinando le fantasie del giovane inesperto; sarà Daisy a fungere da connettore tra i due uomini, la stessa Daisy che fu per Gatsby anni addietro “la prima ragazza per bene che avesse mai conosciuto”. Ai tempi di quel primo incontro, Gatsby era molto lontano dall’essere il misterioso milionario appena conosciuto da Nick: non era che un giovanotto senza un soldo e senza una famiglia agiata che lo spalleggiasse. Fu proprio grazie a quello sfortunato amore giovanile che Gatsby decide di intraprendere la sua corsa votata a conquistare “tutto ciò a cui poté arrivare, voracemente e senza scrupoli”. E proprio camminando fra le piccole spiagge dorate di West egg, con il sole al tramonto che sta dolcemente trascolorando e immergendosi in un mare diventato, ad un tratto, quasi oscuro e misterioso e del colore del vino, se si chiudono gli occhi, si riesce ad ammirare la luce verde all’orizzonte che ogni sera ricordava a Gatsby la sua Daisy.
Amori così, come quelli descritti da Fitzgerald, ancora oggi sono impossibili da dimenticare.
A pranzo dalla… NONNA
Una Little Italy davvero particolare, a pochi chilometri dalla vera è propria City.
Sto parlando della trovata geniale di un piccolo ristorante italiano che si trova nel distretto meno popolato di New York, Staten Island, dove le tradizioni culinarie del nostro Paese sono riuscite non solo a sopravvivere ma a farsi conoscere anche molto velocemente oltre che con il tam tam mediatico, anche grazie al passaparola… casalingo… di nonna in nonna !
Sto parlando dell’Enoteca Maria, un locale dove l’arguzia di un italo americano, Joe Sacaravella, nato e cresciuto a Brooklyn, ha saputo dimostrare come i piatti italiani da far conoscere nel mondo non siano solo i classici spaghetti, le polpette e le lasagne, ma anche quelli derivati da ricette provenienti dalle cucine di tutte le regioni del nostro gustosissimo e variegato Bel Paese.
E chi meglio delle nonne, in ogni casa italiana, sanno cucinare queste prelibatezze? Così il proprietario ha fatto un annuncio sui nostri giornali italiani et voilà: il gioco è fatto: dall’Italia sono cominciate ad arrivare le nonne, non solo siciliane, napoletane e calabresi ma anche milanesi, venete e toscane, a dimostrazione che anche qui a New York l’Italia è tutta un Paese e si possono mangiare bene piatti espressi come le sarde a beccafico, la pasta con i broccoli, il limoncello verace e ceci e fave con il finocchietto selvatico.
Decisamente non ce ne sono tanti di ristoranti così a New York, anche perché, da buona tradizione italiana, ogni giorno si mette in tavola “quello che c’è” e cioè solo i piatti degli ingredienti che si possono trovare freschi.
Evviva questi felici matrimoni enogastronomici!!!