L’amicizia è un altro dei temi portanti dell’opera. Un’amicizia pura, che viene presentata come una delle esperienze più grandi e profonde che si possano fare in vita e che si potrebbe definire un rispetto che nasce da una reciproca conoscenza fino a diventare attenzione amorosa per la persona nella sua complessità. L’amicizia si approfondisce poi nella solidarietà che diventa la migliore speranza di vittoria contro il male ed è aiuto concreto e dono. Frodo non combatte da solo, ma insieme a tutti i popoli liberi che combattono con lui e gli permettono di arrivare fino a dove deve. Ma la solidarietà può essere anche un grande fardello, solo se è basata sull’amore, se diventa amore, può allora essere dono, della propria vita per l’altro. Questo accade a Sam che per amore di Frodo lo accompagna a Mordor, se invece la solidarietà ha le sue radici solo nel giuramento fatto allora il cuore che trema rischia di spezzarsi non di donarsi. Quindi la compagnia dell’Anello non sta insieme per il giuramento fatto, ma per i valori condivisi. Per una Provvidenza di fondo che non è mai espressa esplicitamente, ma è sempre di sottofondo e affiora spesso nel mostrare come l’intera storia sia diretta dalla mano di Dio verso l’Eucatastrofe , il Lieto Fine, ovvero l’attuazione totale e gioiosa del Regno di Dio. Basti pensare a come l’Anello arriva in mano di Frodo e al ruolo di Gollum in tutta la vicenda, non è il fato che schiaccia l’uomo già predestinato, ma è guida e aiuto all’uomo che l’accoglie.
Attraverso le caverne di Moria
La scelta di percorrere le caverne di Moria invece della strada verso Rohan, più sicura, ma più lunga simboleggia come sia la responsabilità dell’uomo che dà un senso alla sua libertà, infatti dice Gandalf: “Bisogna percorrere il sentiero scelto dalla necessità”. Libertà allora non è assoluta autonomia, ma saper interpretare i segni della realtà in cui si è immersi e scegliere di conseguenza. Moria sarà una prova molto dura per tutti, ma per crescere, per avanzare nel cammino verso la sconfitta del male era necessario passare di lì.
A Lorien invece vi è l’incontro con ciò che è ancora puro, e quando la compagnia deve partire da lì il dolore è fortissimo, anzi è il dolore più grande il dover lasciare ciò che è puro, bello e buono, perché neanche il ricordo può appagare il desiderio del cuore.
Poco dopo aver lasciato Lorien Boromir, già da tempo tentato, cederà alla tentazione di usare l’anello per combattere Sauron. E’ la tentazione della via facile invece di quella stretta, che chiede obbedienza e attesa. Boromir alla fine si redime offrendo la sua vita e riconosce il suo errore, il suo “peccato”, ma la sua morte è una vittoria. Redenzione non significa pagare per il proprio errore, ma far di tutto poi per mutare il male in bene, significa cioè conversione, una nuova impostazione di vita e in ciò Boromir riesce in pieno. Vince la sua buona battaglia.
Nella foresta di Fangorn, nell’incontro tra Merry e Pipino e Barbalbero, uno degli Ent, i pastori di alberi, emerge chiaramente la concezione della natura di Tolkien. Essa non è una realtà morta di cui l’uomo può fare quello che vuole, bensì una realtà viva con cui l’uomo ha sempre desiderato entrare in relazione, istituire una comunione. E non è solo la foresta di Fangorn a farci vedere tutto questo, basti pensare alla montagna del Cahadras che si mostra ostile alla compagnia dell’Anello, al Vecchio Uomo Salice Grigio che intrappola i due hobbit, agli uccelli usati come spie da Mordor o al re delle aquile che parla con Gandalf. Discorso più complesso invece per Tom Bombadil , vecchio come il mondo, ma Padrone delle cose, non Signore. Un incrocio tra il regno minerale, vegetale e umano, preoccupato solo di vivere. L’Anello non ha su di lui alcun potere perché egli è padrone di se stesso.
Sarà la rivolta degli Ent a distruggere Saruman aumentando le probabilità a favore della vittoria di Frodo e dei suoi amici. La natura può essere una compagna importante dell’uomo se questi sa rispettarla senza cercare di dominarla.