Cari amici, in questo articolo vorrei parlarvi di un’interessante escursione che ho fatto con i miei colleghi di scuola in due quartieri davvero caratteristici di Istanbul: Balat e Fener, dove ho trovato, tra le tante curiositá, molte riferimenti che accomunano la Turchia con la mia terra d’origine, la Puglia, ovviamente per contesto storico˗culturale.
Quindi, per un attimo mettiamoci in ‘’modalità fantasia’’ e lasciamoci trasportare in questo mini tour nell’affascinante cittá di Istanbul….
Qualche cenno
Prima di cominciare, qualche notizia su questi due quartieri. Fener e Balat, sono tra i piú intriganti, affascinanti quartieri di Istanbul, ricchi di storia e cultura, in cui convivono diverse etnie, religioni e lingue, come fosse un vero mosaico vivente.
Sono interessanti no solo dal punto di vista umano, ma anche architettonico, in questo gioco di monumenti, case, colori e tradizioni. Eppure, nonostante tanta ricchezza di arte, cultura e vita, sono i quartieri meno visitati dai numerosi turisti che ogni anno affollano Istanbul.
I quartieri si trovano entrambi nella parte europea, situati all’interno delle mura della cittá vecchia, ed entrambi si affacciano sul ”Famoso Corno D’Oro” (Haliç, in turco).
Durante l’epoca bizantina, gli ortodossi (noti anche come Rum), convivevano con ebrei, cattolici, provenienti dalle colonie commerciali italiane. Dopo la conquista di Istanbul, nuovi gruppi si insediaronono nella cittá, ad esempio gli zingari provenienti dalla penisola balcanica o i mussulmani dell’Anatolia.
Il quartiere di Fener
Il nostro tour inizia, visitando la Gül Cami, la ‘’moschea Rosa’’, che si trova nella zona nota come Cibali, ossia la parte islamica del quartiere. La moschea era, in precedenza, l’ex chiesa ortodossa di Hagias Theodosias (Santa Teodosia), trasformata in moschea in seguito.
Questa era una delle chiese piú grandi, dopo Santa Sofia. La struttura mostra ancora la pianta originale a croce ortodossa, risalente, probabilmente all’ IX secolo e poi ristrutturata intorno al 1100, durante l’epoca dei Comneno. Fu fortemente danneggianta a causa di incendi e terremoti durante i secoli, e solo nel ‘600 si sono avuti diversi interventi di restauro, fino all’ultimo avvenuto durante il XIX, ad opera del Sultano Mahmud II
L’abside laterale della chiesa mostra un tomba ritenuta sacra, appartenente a Gül Baba (papa Rosa), ritenuto un sant’uomo ortodosso, probabilmente legato al culto di santa Teodosia.
Uscendo dalla moschea e continuando per un vicolo vicino, lungo le sponde del Corno d’Oro, arriviamo a Aya Kapı (la Porta Hagia, ossia santa), che pare derivi dal nome della chiesa ortodossa di Hagia Nicola. La chiesa di San Nicola è tra le piú originali e caratteristiche del periodo bizantino. Al suo interno è possibile ammirare un antico altare fatto erigere dai commercianti e marinai.
San Nicola era vescovo di Mira, in Licia (l’attuale Turchia) ed è lo stesso santo patrono della cittá di Bari. È stato uno dei santi piú venerati al mondo. Nell’ingresso della navata è possibile ammirare un modellino di nave a un singolare affresco in onore del santo che fu non soltanto il protettore dei bambini, ma anche di farmacisti, mercanti, marinai e pescatori.
Proseguendo, finalmente entriamo nel pittoresco quartiere greco di Fener. Il quartiere è caratterizzato da stradine strette, pendent e a labirinto. Particolari ed affascinanti sono le tipiche case ottomane in legno, colorate; alcune di esse risalgono a circa 200 anni fa.
In passato, queste case appartenevamo, per lo piú, a intellettuali. Molte di esse sono state ristrutturate e trasformate in alberghi o ristoranti.
Il quartiere di Fener (noto anche come Fanar o Phanar) deriva dal greco φανάρι, un fuoco che veniva acceso per aiutare la navigazione; quindi una sorta di lanterna o torcia utilizzata nel porto commerciale del Corno d’Oro.
Durante l’epoca bizantina, il quartiere di Phanarion non era molto importante, come invece avvenne durante la dominazione latina. Una legenda narra dell’impresa eroica dei cittadini contro le truppe ottomane, difendendo il loro territorio anche alcuni giorni dopo la caduta della cittá.
Oggi nel quartiere di Fener vivono molti greci Rūm ( poi chiamati Fenerioti), discendenti per la maggior parte da quelli provenienti dal Peloponneso o dalla zona di Trabzon (Trabisonda), del Kara Deniz (Mar Nero).
Inoltre, vi risiedeva il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, cioè della chiesa greco ˗ ortodossa. Nel quartiere ci sono anche diverse scuole greche, come la Megali tou Genou Scholè ˗ la ‘’Grande scuola del popolo’’ ˗ costruita intorno al 1800, le chiese ortodosse, tra cui quella di Santa Maria dei Mongoli. Questa chiesa è l’unico edificio di culto ortodosso, risalente al periodo bizantino, ancora in uso.
Sempre restando nel quartiere di Fener, facciamo tappa alla Cattedrale di San Giorgio, un piccolo gioiello di architettura. Fu ristrutturata intorno al 1720. È una chiesa piccola e modesta ma è anche uno dei luoghi piú importanti della religione cristiana. (è un pó l’equivalente di San Pietro a Roma). La chiesa ha un enorme valore simbolico e storico; infatti è una delle cinque sedi principali della chiesa cristiana, come ordine gerarchico.
La chiesa custodisce preziose reliquie, fra cui: le reliquie di Sant’Andrea apostolo, considerate il primo vescovo della cittá, quelle di San Gregorio il Teologo, di San Giovanni Crisostomo e di Santa Eufemia. Inoltre, custodisce un frammento proveniente ˗ pare ˗ da una delle (presunte) colonne della flagellazione di Cristo.
Nella navata laterale ci sono tre sarcofagi appartenenti a tre santi venerati dalla chiesa ortodossa (San Salomone, San Teophano e Santa Euphemia); mentre, tra gli altri oggetti importanti, è possibile ammirare il trono patriarcale del V secolo.
Uscendo dalla chiesa e inoltrandoci nel reticolato di viuzze, piene di case colorate e dalle forme piú bizarre, arriviamo al Rum Lisesi (il Liceo Greco Ortodosso), eretto nel 1881 dall’architetto Diamadis. Qui possiamo ammirare la spettacolare struttura dell’edificio e la sua grande cupola fatta di mattoni rossi che sovrasta la collina del Fener circondata, a sua volta, da uno dei quartieri piú ̎ coservatori ̎ di Istanbul, il Çarşamba ( Mercoledì, in turco).
Nel Seicento, quando la chiesa patriarcale fu trasferita in quest’area, molte famiglie ortodosse di nobili e ricchi costruirono le nuove abitazioni nei dintorni della chiesa. Tra il ‘700 e ‘800, costituirono lo splendore del Fener. Purtroppo, dopo la rivolta greca del 1821 e dopo i tragici eventi del settembre 1955, molte di queste abitazioni, negozi, chiese ecc., vennero letteralmente abbandonate e lasciate all’incuria del tempo. Solo ora molti di questi edifici sono stati ristrutturati e rivalutati.
Inerpicandoci per una delle scalinate pittoresche, raggiungiamo la sommitá della collina del Fener, dove un tempo vi passavano le mura dell’antica Costantinopoli, e dove sorgeva un castello inglobato nelle mura bizantine. Qui possiamo osservare i resti della vecchia casa/palazzo di Dimitrie Cantemir, un letterato, storico e filosofo, compositore, musicista, linguista, di origine moldava.
Fu anche voivoda, ossia governatore della Moldavia durante l’epoca ottomana. Proprio su questa casa sorge un’altra chiesa, per lo piú sconosciuta, ma di notevole importanza dal punto di vista storico. Si tratta della bellissima Chisa di Santa Maria del Mongoli, nota anche come ‘’Chiesa Rossa’’. La sua storia è bella e affascinante ma sfortunatamente non esiste alcuna pubblicazione che la riguardi. Come se fosse stata letteralmente dimenticata.
Costeggiando le rive del Corno d’Oro, giungiamo alla Sveti Stefan Kilisesi (ovvero la Chiesa Bulgara di Santo Stefano), famosa per essere stata costruita interamente in ferro e per i ricchi fregi interni. Fu eretta intorno al 1898 in stile neogotico, divenendo un simbolo fondamentale per l’indipendenza dei Bulgari. La struttura della chiesa fu costruita prima a Vienna, smontata e spedita su un battello lungo il Danubio e poi riassemblata qui a Istanbul.
Il quartiere di Balat
Dalla chiesa di Santo Stefano, proseguiamo fino ad entrare nel suggestivo quartiere di Balat, un quartiere ebraico, che rimase tale sia sotto i bizantini sia sotto la dominazione ottomana. Gli Ebrei, che abitavano questo quartiere, cominciarono a lasciarlo a seguito del terribile terremoto del 1894, quando una parte di loro si stabile nel quartiere di Galata, mentre altri ebrei preferirono andare in Israele.
Dopo il 1960, una minoranza ebraica benestante si trasferì nel quartiere di Şişli (sempre nella parte europea di Istanbul). Questo spopolamento comportó una notevole trasformazione del quartiere di Balat che, da zona prevalentemente ricca, passó ad essere un quartiere abitato da immigrati del ceto piú basso, vivendo un periodo di trascuratezza e indifferenza fino a qualche anno fa. Solo di recente si è cercato di rivalutare il quartiere grazie anche ad un’opera di riqualificazione volute fortemente dall’Unesco.
Nel quartiere di Balat sono sopravvissute soltanto tre sinagoghe, fra quelle che una volta erano state costruite e sono: la Sinagoga di Cana, la Sinagoga di Yanbol e quella di Ahrida, considerata la piú bella, un vero capolavoro e tuttora funzionante. Tuttavia è possibile visitarla solo previo contatto del rabbino.
Gli Ebrei che vivevano in questo quartiere, erano giá presenti durante l’epoca bizantina, poiché fu concesso loro di restare dopo la conquista di Istanbul. Gli Ebrei sefarditi hanno vissuto a Istanbul per oltre 500 anni; lasciarono la penisola iberica a seguito dell’insquisizione spagnola del 1492 quando, dopo la caduta del Regno moresco di Andalusia, furono costretti a convertirsi al cristianesimo oppure subire morte atroce.
Il sultano ottomano Bayezid II (1481 ˗ 1512), invió una grande flotta, guidata da Kemal Reis, affinché salvasse gli ebrei sefarditi. Pare che oltre 200.000 ebrei si diressero prima verso l’Algeria, poi proseguirono verso Salonicco fino a stabilirsi ad Istanbul. Il sultano diede loro, quindi, la possibilitá di rifugiarsi presso l’impero ottomano. Inoltre, molti ebrei, provenienti dal centro e dall’est dell’Europa, trovarono ospitalitá a Istanbul durante la persecuzione nazista, tra il 1930 e 1945.
Attualmente, nella cittá di Istanbul, vivono circa 20.000 ebrei sefarditi; molte sinagoghe sono aperte al culto, e tra questa la piú importante è la Neve Shalom, inaugurata nel 1951, nel caratterisitco quartiere di Beyoğlu.
Passeggiando per le strade di Balat è possibile vedere alcuni dei negozi artigianali dei pescatori, macellai, commercianti, oppure le osterie e i kahveane, i tipici caffé alla turca. Inoltre è da segnalare le Agora Meyhanesi ( cioè i famosi meyhane, letteralmente casa del vino), tipici ristoranti tradizionali caratterizzati dalla vendida di alcolici, come il famoso rakı (bevanda alcolica a base di anice).
Continuando verso il centro di Balat, nascosta in un vicoletto, sorge la chiesa di Surp Hrescfagabet, una delle chiese armene piú interessanti. Prima di essere affidata agli armeni dal sultano Mehmet II, la chiesa era greco ortodossa. Si trattava di una chiesa molto vecchia con un hagiasma (la sacra sorgente), ortodossa, dedicata al Agios Eustratios. L’edificio è molto grande ma in pessimo stato, probabilmente in passato ha ospitato una scuola armena. Interessante è la porta della chiesa, fatta di panelli in bronzo e in rilievo, risalente circa al 1727.
Dalla chiesa armena, continuando per il quartiere, si puó ammirare la Moschea di Ferruh Kethüda, fatta erigere da uno dei piú famosi architetti turchi, Sinan. Si tratta di un complesso di piccolo dimensioni che comprende una scuola religiosa e un convento, una fontana ed un palazzo di giustizia. La maggior parte di queste strutture, oggi, si presentano davvero in pessimo stato.
E finalmente, dopo una una passeggiata per i vicoli pittoreschi di Balat, la nostra gita volge al termine. Si puó tornare alla realtá sperando di aver insinuato in voi la curiositá, ma soprattutto la voglia di visitare, almeno una volta, questa incredibile cittá che sa attirare, avvolgere in un abbraccio e incantare. Di certo chi la visita ne resta affascinato e ne porterá sempre un piacevole ricordo nel cuore.