Nel pomeriggio di lunedì 13 giugno, intorno alle 16, il Viminale ha diffuso la notizia ufficiale: la famosa soglia del 50% +1 era stata superata, il quorum raggiunto e i referendum ritenuti validi. Prima di quell’ora gli ultimi dati disponibili risalivano alle 22 di domenica sera e la percentuale dei votanti era ferma ad un positivo ma insufficiente 41,1%.
In barba alle aspettative di molti è stato deciso di non divulgare altri dati fino alla chiusura definitiva dei seggi. I consueti mezzi di informazione, stampa e tv, erano quindi privi di aggiornamenti, se si esclude la dichiarazione del Ministro Maroni, che in maniera quantomeno sospetta all’ora di pranzo faceva sapere, senza prove alla mano, che il quorum era stato raggiunto.
Improvvisamente però dalla Rete e in particolar modo da Facebook sono arrivare dei dati aggiornati alla mattina di lunedì. In un’ Italia accusata spesso e giustamente di menefreghismo e pigrizia si può dire quindi che sia avvenuto un vero e proprio miracolo, molti utenti infatti si sono recati ai seggi delle loro città e dei loro paesi per sapere e riportare on-line le esatte percentuale di votanti, in maniera del tutto spontanea e diffusa su tutto il territorio nazionale. In tempo reale e prima dei risultati ufficiali è stata data a molti l’opportunità di conoscere un dato che viceversa sarebbe rimasto ignoto o incerto fino all’ultimo istante.
Va detto del resto che il tam-tam creato sui social network dalle associazioni dei referendari e dai semplici cittadini ha spinto un gran numero di persone ad interrogarsi sui problemi in questioni, ma anche a mobilitarsi per il raggiungimento del quorum e perché gli elettori fossero informati sulle modalità di voto, compito quest’ultimo che la tv, purtroppo anche quella pubblica, si è ben guardata dall’assolvere. La particolarità di questa mobilitazione spontanea consiste nell’essere riuscita a travalicare i confini di Internet, riuscendo a incidere pesantemente sul mondo reale. Utilizzare Facebook non solo come vetrina della propria vita o come sterile rappresentazione di se stessi, ma come un luogo di confronto e di organizzazione di un movimento che possa migliorare la vita sociale, rappresenta una svolta nel modo di approcciarsi alla realtà civile e politica del nostro paese.
E’ evidente ormai che per molti italiani il proprio impegno civile non si limita ad invettive lanciate in rete contro politici o governo, ma diviene associazionismo e lavoro concreto, di cui Internet rappresenta solo il punto di ripartenza o una delle modalità con cui sviluppare una nuova idea di paese civile, moderno e realmente democratico. Fare in modo che Internet raggiunga il maggior numero di persone anche nei luoghi più remoti d’Italia è lavorare per una vera democrazia, per questo ci sentiamo, ancora una volta, di sostenere l’appello lanciato dal Professor Stefano Rodotà nel novembre scorso secondo cui “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet in condizioni di parità con modalità tecnologiche adeguate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. Se mai in questo paese esisterà il referendum propositivo appoggeremo subito l’iniziativa di un Articolo21-bis che dichiari Internet un diritto costituzionale, così come chiedono Rodotà e Riccardo Luna, direttore di Wired Italia. Perché solo la libera informazione ci rende liberi. Cittadini liberi.