Sembrano profetiche queste parole di Man Ray, l’Uomo Raggio, nome d’arte che l’artista poliedrico (fotografo, pittore, ideatore di oggetti e autore di cortometraggi cinematografici) Emmanuel Rudzitsky, scelse e che lo rappresentava di per sé quasi come una missione, quella di illuminare, come un raggio appunto, la materialità e contemporaneità di un mondo in continuo movimento, senza mai voltarsi indietro. A questo riguardo esaustiva e decisamente ben organizzata è la mostra a lui dedicata nella degna cornice di Villa Manin di Passariano di Codroipo, visitabile fino all’undici gennaio, che espone oltre trecento fra fotografie, oggetti, dipinti, disegni e film sperimentali che attraversano tutta la vita dell’artista: dagli anni d’esordio fra New York e Ridgefield – New Jersey, sede di una vivace colonia di artisti – alle prime opere dadaiste; dall’arrivo a Parigi nel 1921, alla fuga dalla Francia occupata dopo un ventennio di attività intensissima; dagli anni di Hollywood, dove Man Ray si stabilisce al ritorno in America, agli ultimi due decenni di vita trascorsi a Parigi.
Tecniche innovative: i rayograph
Zigzagando fra le opere in mostra colpiscono subito i rayograph, una serie di “fotografie” nate dall’idea dell’artista di utilizzare una tecnica fotografica con cui si realizzare composizioni astratte in bianco e nero, impressionando la carta sensibile senza far uso di macchina fotografica. Questa tecnica prende proprio il nome dal cognome del pittore e fotografo statunitense Man Ray che perfezionò tale tecnica sul modello di photograph “fotografia”. Ecco allora la rayografia Cigarettes 1924, dove le sigarette, a raggiera, simboleggiano quasi le lancette di un orologio che, inesorabile, scandisce l’ansia e la frenesia dell’agire umano e ancora Solarized walnuts 1930-31 dove delle noci poste all’esterno di un vaso di vetro diventano così tridimensionali e plastiche che sembra quasi di poter allungare la mano e toccarle e la bellissima Natasha del 1931 (stampa fotografica in bianco e nero solarizzata) dove il volto della figura femminile appare quasi avvolto su se stesso, avvitato dolcemente in un dormiveglia che sprigiona una luce morbida e accogliente.
Reinventare l’oggetto
Passando alla produzione materiale, interessante senza dubbio è una delle opere più famose dell’artista e cioè Cadeau 1974 (in mostra replica dell’originale del 1921) tipico oggetto ispirato al dadaismo francese: un ferro da stiro, che Man Ray aveva trovato da un rigattiere a cui l’artista ha applicato una striscia centrale di quattordici chiodi, modificandone così la naturale funzione allisciante e creandone una distruttiva e lacerante, uno strano misterioso oggetto che ben rivela la provocazione che egli voleva trasmettere al mondo e cioè che un oggetto può servire anche ad un uso diametralmente opposto rispetto a quello per cui è stato creato.
Le immagini per la moda
Icona fashion, infine le fotografie di alta moda che Man Ray fece a Parigi per la rivista francese Vogue: eleganza, purezza e definizione delle linee, scatti sobri e al tempo stesso intensi ecco nascere foto come Photo pour “Composition” 1936 (stampa fotografica in bianco e nero) e Mode antecedente (1930, stampa fotografica in bianco e nero) dove la figura femminile appare dolcemente sinuosa e passionale insieme, l’intensità del viso fa da filo conduttore anche per le linee del corpo, morbide, scivolano accarezzando lo sguardo di chi osserva.
Trasformare la materia
In tutte le foto o comunque espressioni visive di Man Ray si percepisce con forza come egli ritragga sì la realtà, ma in concreto voglia sondare con il suo sguardo lungo, indagatore, il mistero della quotidianità. Non importa quale sia il soggetto, se figurativo o una natura morta quel che conta è la domanda che si formula nella mente dell’artista e che poi si esplicita nel lavoro delle sue mani, attraverso la sua macchina fotografica. Tutte le immagini ci trasmettono un senso d’estraniamento quasi che, guardandole, si potessero leggere i pensieri dei soggetti ritratti. La grandezza di questo artista dunque è stata quella non tanto di imitare le opere di grandi artisti che furono suoi amici, come un semplice “manovale artistico” ma quella di porsi, nei confronti della realtà, sempre con una domanda negli occhi, nelle labbra: “Come posso trasformare questa materia?” sembra aver pensato spesso e, da qui, ha cercato un uso insolito, anticonvenzionale dell’oggetto che gli aveva provocato quella domanda.
Articolo scritto in collaborazione con mostreinmostra
[tw-toggle title=”Info”]
MAN RAY
13 settembre 2014 – 11 gennaio 2015
Villa Manin, Passariano di Codroipo (UD)
dal martedì a domenica: 10-19
chiuso lunedì
[/tw-toggle]