Questo oggetto del mistero ha la forma di un libro perché, genere a parte, di un libro di stratta. La storia di Loser, come ci viene spiegata nel risvolto di copertina, è questa: Elsa e Arturo vivono nella stessa città, frequentano la stessa scuola, sono in classe insieme, ma non hanno altro in comune se non il reciproco disprezzo. Elsa è la prima della classe, sovrana indiscussa del regno delle vincenti. Arturo fa di tutto per evitare la fatica, è capace di arrivare ultimo persino nei suoi stessi sogni. A mettere insieme, nell’interesse di entrambi, il “dinamico duo” ci penserà il professor Scafiddi. Da questo punto in poi saranno solo guai.
Ok, ma cos’è esattamente Loser? L’editore Linee Infinite lo definisce una “light novel”, ma con questo termine l’enigma non si chiarisce per niente. Per tentare di fare luce sul mistero di questo libro ho intervistato l’autore, Momo Gatari e, tanto per cambiare, va detto che anche dietro questo nome si nasconde un ulteriore mistero. Più che una light novel, qualunque cosa significhi questo termine, questa storia assomiglia sempre di più a una spy story!
Cerchiamo di chiarire il primo mistero: chi è Momo Gatari?
«Momo Gatari è uno pseudonimo che nasce dalla fusione tra la parola giapponese “monogatari”, che significa storia o racconto, e il nome della protagonista di un romanzo di Michael Ende. Io (Andrea Cattaneo, ndr) e Laura Donadelli abbiamo deciso di scrivere sotto questo pseudonimo per semplicità: un nome solo è più facile da ricordare e poi il nostro pseudonimo ci piaceva tantissimo. Io e Laura siamo coetanei, siamo nati sul finire degli anni 70 e, come molti italiani, adoriamo la cultura pop giapponese che, in quel periodo, arrivava in Italia attraverso gli anime prima e i manga poi».
Si può sapere cos’è esattamente una light novel?
«È un tipo di romanzo arricchito da illustrazioni e pensato per lettori giovani anagraficamente e nello spirito. Si potrebbe dire che la light novel è l’anello di congiunzione tra il manga, il tipico fumetto giapponese molto diffuso e apprezzato anche in Italia, e il romanzo tradizionale. Dai manga prende, oltre che le illustrazioni, l’ironia e la leggerezza. Del romanzo tradizionale eredita tutte le possibilità narrative che questo permette. L’obiettivo è, oltre a quello di divertire e intrattenere piacevolmente il lettore, anche quello di avvicinare i più giovani alla lettura e magari anche riavvicinare chi dalla lettura si è allontanato per qualche esperienza libraria sfortunata. Un obiettivo molto importante, soprattutto in Italia».
Come è nata l’idea di scrivere una Light Novel italiana?
«Le light novel giapponesi raccontano, più o meno edulcorata, la realtà del Giappone. I protagonisti di quelle storie, generalmente ragazzi, sono immersi in un mondo affascinante, ma culturalmente molto lontano dall’Italia. Abbiamo pensato che sarebbe stato interessante provare a raccontare, attraverso questa forma narrativa, la realtà italiana, quella che i nostri ragazzi vivono tutti i giorni e, in effetti, è stato interessante e anche divertente».
Cosa rende questa Light Novel “italiana”?
«Principalmente l’ambientazione che è tipicamente italiana. Tanto per fare un esempio, la città immaginaria in cui si svolgono i fatti raccontati in “Loser” è un mix tra La Spezia, Viareggio e anche un po’ Lodi (la nostra città natale). In “Loser” il lettore non troverà konbini o templi shintoisti agli angoli delle strade, studenti in divisa che si tolgono le scarpe per entrare in classe, troverà ragazzi, forse un po’ più scapestrati, che, tra le altre cose, devono confrontarsi con la scuola italiana con tutti i suoi pregi e difetti».
Da quali riferimenti nascono i personaggi? A chi si ispirano?
«In questa storia ci sono studenti e professori, in entrambi i casi i riferimenti che abbiamo preso per creare i personaggi vengono dall’esperienza personale. In una light novel la fantasia supera la realtà, quindi le caratteristiche dei vari personaggi sono esasperate, in alcuni casi ricalcano canoni tipici della commedia giapponese (e non solo). Ci sono, per esempio, il compagno di classe tonto, ma di buon cuore, il professore goffo e impacciato, ma bravissimo nel capire i problemi dei suoi studenti».
A chi è rivolto il libro?
«Il libro, come ogni libro del resto, è rivolto a tutti quelli che vorranno leggerlo. Per le tematiche trattate e l’ambientazione scolastica è probabilmente più vicino alla sensibilità dei ragazzi delle scuole medie e superiori. Del resto è anche vero che tutti siamo stati studenti delle medie e delle superiori e, perché no, magari non ci dispiacerebbe un tuffo nel passato. Tanto più che si tratta di un tuffo divertente: non sono previsti compiti in classe o interrogazioni».