Torniamo sull’attentato di Oslo dopo qualche giorno, con maggiore serenità non per parlare dei fatti – sviscerati pagina dopo pagina sui quotidiani di tutto il mondo – ma per riflettere sulla questione, eternamente rimandata e mai affrontata, dell’avanzare in tutta Europa dell’estrema destra e dei partiti più o meno dichiaratamente xenofobi. È un fenomeno vecchio di diversi anni e molto preoccupante che si manifesta non solo sul piano elettorale, ma nell’informazione e persino nella vita quotidiana. È diventato tanto comune che, ormai, si considera un dato di fatto acquisito e incontrastabile. Ma gli europei si riconoscono veramente nei valori propagandati dal Fronte Nazionale francese o dalla Lega Nord italiana?
Cosa c’è dietro l’avanzata dell’estrema destra in Europa? Ci sono dei punti di contatto tra i vari movimenti nazionali? C’è un’ideologia comune, transnazionale, dietro il regionalismo populista di alcuni di questi movimenti? La destra parla alla pancia della gente, alimenta le paure irrazionali e ataviche, fa leva sulla situazione economica incerta, sul benessere sociale ed economico che pretende minacciato dalle ondate migratorie. Hanno ragione gli ideologi dell’estrema destra? L’Europa delle socialdemocrazie non è più in grado di dare le risposte pretese dalla gente?
L’economia fornisce, come sempre, una spiegazione pratica al fenomeno. Il lavoro, così come si è riorganizzato in tutto il continente europeo, ha imposto una precarietà totale (e in molti casi totalmente deregolata). Il lavoro c’è ma a condizione di cedere molte sicurezze della propria dimensione personale. Alcuni Stati hanno “tamponato” la sofferenza dei propri cittadini con provvedimenti sociali, con incentivi economici e regolamentazioni a loro tutela. Altri Stati sono rimasti fermi a guardare, favorendo con l’inedia (o con leggi ad hoc) l’aumento del divario tra i ricchi e i poveri. Tutto questo si traduce in paura; pura, semplice paura. Non essendoci un colpevole da additare, o meglio, essendocene tanti e tutti intoccabili, si lascia la propria paura libera di sfogarsi su chi sta peggio.
L’immigrazione si può fermare? È possibile interrompere i flussi che portano, giorno dopo giorno, migliaia di persone in Europa? Secondo molti è solo una questione di forza: schierando un numero sufficiente di militari a difesa dei nostri confini tutto si risolverebbe una volta per tutte. È semplice da raccontare e anche da capire, ma è veramente fattibile una cosa simile? Se non è possibile interrompere la migrazione – un fenomeno antico come l’umanità che ha coinvolto anche i nostri antenati, i fondatori della civiltà europea –, allora come si può gestire il fenomeno in maniera da renderlo una risorsa per tutti e non una minaccia? Qualcuno in Europa pensa cha la soluzione sia lo sfruttamento degli immigrati come manodopera a basso costo. Qualcuno in Europa rimpiange forse il nostro passato schiavista. O forse manca semplicemente una visione globale su quale tipo di società vogliamo costruire domani sulla base di un multiculturalismo che appare ormai inevitabile.
Dentro discorsi così ampi, appare davvero povera la risposta di queste destre xenofobe e regionaliste che sembrano voler difendere un mondo che inevitabilmente non esiste più e non si ripresenterà mai più nella storia dell’uomo (a meno che non si verifichino catastrofi che, beninteso, nessuno si augura). Cosa c’è dunque da aspettarsi da questi estremismi di destra che oggi, persino nella civilissima Norvegia, si sono rivelati con un attentato tanto inatteso? Ma in fondo, riflettiamoci bene: è più pericoloso un evento così eclatante o il lento, continuo, lavorìo di persuasione che subiamo ogni giorno, che sembra averci ormai convinto che un emigrato è un nemico, che sia davvero in corso una islamizzazione dell’Europa, che bisogna difendere gli interesse di un presunto “territorio” (termine che sfugge a qualsiasi sensata riflessione sociologica e storica ed ormai sulle bocche di tutti i politici di destra e di sinistra)?
Ci auguriamo che quanto sia accaduto, faccia risvegliare le coscienze dei cittadini europei, ancora prima della classe politica, allargando l’orizzonte dai territori al continente nella sua interezza, unico solo possibile orizzonte nazionale che ormai abbia la pena di essere definito tale. Solo con questa coscienza, politica e sociale prima ancora che economica, si possono definire i valori comuni per comprendere come affrontare la costruzione di una società che vada oltre il villaggio norvegese, la land tedesca, o il paese della bassa padana. I due valori profondi che hanno permeato l’Europa nella sua storia, l’umanesimo e il cristianesimo, sono le radici del principio base del mondo occidentale libero e democratico: l’integrazione. Non dimentichiamolo mai.