Eccomi qua. Ora provate a ignorarmi! Come, chi: volete sapere chi sono io? Non lo avete ancora capito? Dopo dieci giorni che in redazione abbiamo interrotto ogni programmazione per parlare di me! Sì, lo so, non che io abbia bisogno di parlare di me: per secoli lo hanno fatto gli altri, davvero non ce n’era bisogno. Ma cosa volete, siamo nell’era di facebook e del look-at-me a tutti i costi: un editorialuccio da cinquemila battute me lo lasciate fare? In fondo sono cinque anni che i signori Otto e Nove, insieme a tutti i loro bravissimi collaboratori, usano il mio nome senza versarmi uno straccio di diritto d’autore. Mi sembra il minimo intervenire ogni tanto; ecco perché io, Medea, oggi vi scrivo: per far sentire la mia voce, finalmente, dopo cinque anni da quando questo magazine è stato inaugurato, e dopo duemilacinquecento anni da quando Euripide ha scritto una tragedia su di me.
Perché vi scrivo? Perché sono arrabbiata. Anzi arrabbiatissima. Perché sono arrabbiata? Guardatevi intorno, è un disastro: corruzione dappertutto, diritti acquisiti che vengono messi in discussione ogni giorno, razzismo, violenza, stupidità imperante, intolleranza, clientelismo, nepotismo. È giunto il momento che anche io dica la mica: non si può mica stare zitti di fronte a tutto questo caos! Sono arrabbiata e, attenzione, quando mi arrabbio divento vendicativa. Che volete, è il mio difetto. Non dico sia una cosa giusta, ognuno ha il suo temperamento; forse potrei migliorarmi, è vero, ma ormai questo è il mio ruolo nella storia. Dopo duemilacinquecento anni non è facile cambiare carattere.
Facciamo un po’ d’ordine. Cosa voglio dirvi? Perché sono arrabbiata? È semplice: caro mondo, caro mondo occidentale, cara Europa, cara Italia, cara Colchide, patria mia, io non vi riconosco più. Ma non vedete quanto siamo diventati tutti brutti, stupidi e volgari? Scusate, magari sono un po’ dura, ma non sono considerata come la più dolce delle mamme e, cari miei, voi tutti, greci o italiani o europei, siete tutti miei figlioli. Vorremo mica perpetuare i miti a tutti i costi?
Innanzitutto mi chiedo: non avete imparato nulla dalla storia, dalla mitologia? Sapete perché più di due millenni fa è stata raccontata la mia storia, come, del resto, tutte quelle che parlano dei miei colleghi “personaggi mitologici”? Per insegnare qualcosa, razza di teste di legno! Perché mai pensate si racconti del Babau ai bambini?! E’ lo stesso motivo per cui si sono raccontati i grandi miti: per insegnare dei valori, condividere dei principi, essere una comunità, figli miei! Cosa pensate che sia la “cultura classica” dalla quale tutti voi venite? Una medicina amara da bere quando si è a scuola per non diventare somari? Una poesia da ripetere per far felice la maestra? Oppure l’ambientazione per un film di Hollywood o quella per un videogioco da scaricare su mito.com? Figli miei – cari, piccoli figlioli – ma non vi rendete conto che state soffrendo della peggior malattia di cui possa soffrire un essere intelligente: la mancanza della memoria, l’oblio? La vostra è una specie di malattia d’Alzheimer che sta colpendo un’intera società. Vi state dimenticando da dove siete venuti, vi state dimenticando di me come di tutti i miei colleghi “personaggi mitologici”, per rimpiazzarci con cosa?
Forse sono solo una vecchia mamma offesa, ma non sono ancora scema. Vi metto in guardia e lo faccio con questa lingua, l’italiano, che rappresenta da secoli la “cultura classica” di cui sono una parte. Io sono greca, certo, e ne vado fiera; ma, vedete, essere occidentali, e quindi umanisti, vuol dire proprio questo: saper dare a tutti un messaggio valido per tutti. Si chiama “valore universale” e – guarda caso – è nato in Grecia, si è consolidato a Roma e si è diffuso in ogni luogo, in Europa prima e nel mondo poi. Bisogna esserne fieri. Questa famosa società occidentale ne ha fatte di stupidaggini, certamente (…devo ricordarvi ancora quante scelleratezze accadono nei miti, teste dure!?), ma ha inventato lo spirito critico e il messaggio universale. Grazie a questi due valori abbiamo creato la filosofia, il diritto pubblico e quello privato, la società organizzata, l’arte, la musica, la poesia, la rivoluzione scientifica, agricola, industriale, i diritti umani, civili, sociali. Ma vi rendete conto cosa può fare un messaggio indirizzato a tutti, valido per tutti, applicabile a tutti, espresso da uno spirito critico perché libero?! Questo messaggio è valido per tutti perché si basa su quello che ci unisce tutti, senza distinzioni: il fatto di essere degli esseri umani. Semplicemente. Questa cosa si chiama “umanesimo”. E le radici di tutto questo stanno nel mediterraneo, in quella “cultura classica” che ora schifate come cosa vecchia. Capite ora perché state sbagliando tutto? Perché state dimenticando da dove venite, perché state dimenticando quei valori che vi hanno fatto “comunità” per millenni!
Cari figli italiani, parlo innanzitutto a voi perché caso vuole che oggi siano degli italiani che mi facciano parlare (ma è proprio un caso?). Questa penisola che vi ospita, e che voi chiamate casa, sono millenni che vede passare la storia: in queste terre, da Nord a Sud, sono stati fatti re, imperatori, papi e cavalieri, sono nati poeti, artisti, musicisti, viaggiatori e pellegrini, sono morti soldati, eretici, scienziati e sindacalisti. È da millenni che in queste terre si combatte, si lotta, si ama, per costruire una società migliore, bella, elegante. E ora? Ma guardatevi attorno: vi state suicidando. Vi fate governare da gente meschina e volgare, passate le giornate come debosciati e sperare che qualcuno vi salvi, gingillando come zuzzurelloni e facendovi favori tra amici e parenti, per il solo gusto di vivacchiare! Figli miei, dove sono finiti i Raffaello, i Monteverdi, i Galilei, i Cavour, i Marconi, i Fellini, i Calvino!!! Siete mica diventati deficienti tutti d’un colpo?! Io non ci credo, e vi do un ultima possibilità. Starò a guardare quello che farete, ho ancora fiducia in voi.
Cari figli Europei, parlo a tutti: comincio da voi per poi parlare agli altri figli del resto del mondo. Così non va! Perché continuate a restare divisi come feudatari arroccati ai loro miseri interessi di valvassori quando potreste essere un esempio per il mondo intero? Non vedete che il capitalismo che avete inventato ha preso forme mostruose? Non vi rendete conto che la strada intrapresa dai vostri capitali ha condotto a sfruttamenti inauditi e mai visti, a falsi sogni di ricchezza, a nuove povertà e precarietà, a nuove schiavitù psicologiche, a nuove censure implicite, allo svuotamento delle anime, alla scomparsa della bellezza? Saremo davvero un giorno tutti più ricchi (ma ne siete poi così sicuri?) senza perdere l’unico valore che vale la pena di conservare: l’umanesimo? Siete certi che la strada intrapresa porti davvero all’universalismo dei diritti umani, dei diritti civili, del benessere responsabile, della bellezza reale e profonda (quella che per definizione non è superflua)? Cari figli europei, se avete anche solo un dubbio, è il momento di agire. Agire per non sparire, perché si sparisce quando si dimenticano le proprie origini e si diventa qualcos’altro. E difendere i propri valori significa difendere il proprio spirito critico, il proprio umanesimo, il proprio universalismo senza cadere nella difesa d’identità locali che sono l’esatto contrario di quello da cui veniamo.
È per questo che da oggi inizio questa mia rubrica, fatta d’editoriali belli tosti, come le romanzine che le mamme fanno ai propri figli. Perché sono arrabbiata e, l’ho già detto, quando mi arrabbio divento anche vendicativa. Cosa volete? Ormai sono una vecchia signora, più nonna che mamma (anche se sono sempre bella e giovane come all’inizio, cosa credete? Scusate, m’infiammo facilmente…) e da nonna ho acquisito una certa saggezza. Ormai, più che vendicarmi, amo cercare la verità, riconoscere l’ingiustizia, amare l’arte. Insomma tornare alle radici di quella terra dalla quale tutti veniamo, da quella Colchide (Grecia, Roma, Parigi, Londra, New York che dir si voglia) per cercare l’uomo, per difenderlo, per amarlo, per educarlo.
Perché “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Lo disse un certo Ulisse, o forse un certo Dante. Che importa, lo disse un uomo.