Nello Spazio non è per nulla facile fare quattro chiacchiere o mandarsi una mail. Lo sanno bene gli astronauti e lo sa bene anche la Nasa. Per fare un esempio delle difficoltà dovute alle enormi distanze tra i pianeti: la sonda Curiosity su Marte, che è parzialmente controllata dalla Terra via radio, trasmette le sue comunicazioni con circa quattordici minuti di ritardo. A noi che viviamo nell’era della comunicazione mobile in tempo reale sembra una cosa impensabile, invece appena abbandonato il Pianeta le cose cambiano drasticamente. Nello Spazio le onde radio o le onde luminose, che possono contenere dati come immagini, filmati, suoni e testi, incontrano ostacoli di continuo. Il Sole inonda costantemente il suo sistema planetario con radiazioni che influenzano le trasmissioni e possono causare la perdita di informazioni.
Lo Spazio non è vuoto
Le radiazioni sono una delle presenze più ingombranti e il cruccio di tutti gli ingegneri che si trovano a dover sviluppare mezzi che devono andare nello Spazio. I processori dei computer non tollerano bene le radiazioni, il rover Curiosity per esempio è stato equipaggiato con processori PowerPC che impallidiscono se paragonati ai moderni processore che abbiamo nei nostri computer ma, al contrario di questi ultimi, i PowerPC del Curiosity sono in grado di sopportare le radiazioni. Se per assurdo mandassimo un moderno smartphone su Marte, magari uno di quei modelli che hanno capacità di calcolo anche superiori a quelle dei processori di Curiosity, sarebbe un vero e proprio disastro, impazzirebbe letteralmente, confuso dal bombardamento di tutte le radiazioni. Come faremo dunque nel futuro per poter mandare una mail sulla Luna? Semplice, useremo l’Internet Intergalattico o, per la precisione, l’Interplanetary Network (Ipn). Per creare un sistema di comunicazione efficiente che si possa estendere al di fuori del nostro Pianeta e fino ai confini del sistema solare è stato interpellato dalla Nasa Vint Cerf, uno dei creatori del protocollo Tcp/Ip, ossia quell’insieme di istruzioni che ci permettono di aggiornare il nostro profilo su Facebook e di mandare una mail o le nostre fotografie in vacanza a parenti e amici che stanno comodamente seduti in soggiorno, magari a centinaia di chilometri di distanza. Il problema, come dicevamo, sono gli ostacoli. Non ci sono solo le radiazioni nello Spazio a disturbare le comunicazioni, ci sono anche problemi di “meccanica celeste”, i pianeti si muovono e così pure i satelliti e capita che un messaggio si trovi a un punto morto della Rete perché la sua destinazione si è spostata o è irraggiungibile per via di un ostacolo e non possa procedere nella sua corsa.
Meglio tardi che mai
L’idea per risolvere questo inghippo è semplice: tollerare i ritardi e rinunciare all’immediatezza. Se per andare da Marte a Roma un messaggio passasse per due satelliti di comunicazione e il secondo non fosse disponibile per vari motivi, il messaggio attenderebbe tranquillo sul primo satellite finché non fosse in grado di procedere. Nel caso in cui il secondo satellite fosse esploso per un impatto con un meteorite, il messaggio cercherebbe un altro satellite per procedere con la sicurezza che, anche se in ritardo, nulla si smarrirà nello spazio. Cerf è molto ottimista sulla possibilità di rendere realtà i suoi studi e così pure la Nasa, il nuovo protocollo che ha inventato per questo tipo di rete è chiamato Dtn e ha convinto molti protagonisti importanti del settore delle telecomunicazioni. Primo fra tutti Google. L’azienda di Mountain View in California non è ufficialmente coinvolta nel progetto, Cerf però lavora per Google in qualità di “capo evangelista di Internet”. La possibilità di mantenere attiva una comunicazione anche in assenza di un nodo della Rete fa gola a molti, ai militari soprattutto, ma anche alle aziende private che sognano di poter garantire il funzionamento della applicazioni Internet anche quando non c’è Rete come in casi di emergenza e in condizioni estreme. Il protocollo Dtn apre quindi nuove e interessanti possibilità per la telecomunicazione anche sul pianeta Terra.