Quando dalle alte sfere della redazione di Medea mi è arrivato l’incarico di scrivere un pezzo sull’autore che ha segnato di più la mia formazione, mi si sono illuminati gli occhi. Poi, però, la soddisfazione ha lasciato il posto all’incertezza. «E adesso di chi parlo?» mi sono chiesto.
Già, perché la lista sarebbe lunga e in tanti si contendono il primato. Io leggo moltissimo. E ho cominciato a farlo fin da piccolo. Ricordo intere estati (sono nerd, lo so) passate a divorare tomi da 700-800 pagine uno dopo l’altro, in quei periodi afosi in cui non si muove una foglia, le scuole sono chiuse e gli amici sono preda di una diaspora che li porta in ogni angolo del globo (almeno la vedevo così all’epoca. A pensarci ora immagino che fossero andati a poche decine di chilometri di distanza, ma a me sembravano molti di più).
Come dicevo, dunque, leggo – e leggevo – moltissimo, ogni genere e ogni autore. La biblioteca dietro casa dei miei genitori è stata saccheggiata a più riprese e se ero in vacanza tappa fissa erano le librerie. Sono tantissimi gli scrittori che rientrano nel novero di coloro che hanno contribuito alla mia formazione – inizialmente autodidatta – di autore. Però, siccome alla fine bisogna fare una scelta, devo essere spietato. E dopo aver fatto un mini-campionato interiore con tanto di quarti di finale e semifinale, a sollevare l’ambito trofeo è stato Stephen King.
Già, il Re, proprio lui
Avrei voluto essere più originale, sparare il nome di un autore semi-sconosciuto morto ventenne di tubercolosi o di sifilide, vissuto in un sottoscala putrido e infetto, capace di partorire un solo romanzo raro quanto il Santo Graal. Ma non è andata così. Il Re merita questo primato, anche se lo conoscono praticamente tutti e, immagino, tutti abbiano letto almeno un suo libro.
Magari qualche mio lettore si sorprenderà, considerando che mi conosce per lo più come autore di romanzi fantasy e quindi si sarebbe forse aspettato di sentirmi citare Tolkien, Martin o Brooks. Invece no. Il Re ha il posto d’onore del mio cuore.
Tanto per cominciare ce l’ha per avermi tenuto compagnia in quelle infinite estati con i suoi romanzi. E poi perché… beh, King è King. Non ricordo neppure qual è stato il primo libro che abbia mai letto di lui. Ma, incredibilmente, ricordo il primo film che ho visto tratto da un suo romanzo – un racconto, per la precisione.
Stand by me
Avevo otto o nove anni e con la scuola andammo al cinema a vedere Stand by me il film tratto dal suo racconto che fa parte della raccolta Stagioni diverse. Immagino che, data l’età, sia stato quello il primo impatto con King. Ed è stato amore a prima vista. Il film mi colpì, tanto che a quasi trent’anni di distanza ancora ricordo l’episodio, la discussione in classe dopo il film e perfino certe scene viste nella sala. Anni dopo lessi il racconto e, spiace dirlo, ancora una volta lo trovai nettamente superiore al film (che pure non demerita, a differenza di altri “scempi” fatti sulle sue opere).
Non ricordo dunque il suo primo libro, ma so di aver divorato buona parte della sua produzione letteraria. Mi piacerebbe dire «tutta» la sua produzione, ma ahimè King scrive e ha scritto davvero tanto e allora fatico a stargli dietro. Confido comunque di recuperare quando sarò vecchio.
Uno scrittore moderno
Nei suoi romanzi ho sempre trovato un’abilità rara in tantissimi altri scrittori: la capacità di fondere uno stile accattivante e scorrevole (nonostante a volte il Re si perda in qualche descrizione di troppo) a delle storie geniali; dei personaggi che sembrano uscire in carne e ossa dalle pagine, così reali da mettere paura, a un’ambientazione altrettanto realistica. King è tutto ciò che, a mio avviso, dovrebbe essere uno scrittore moderno.
Perché è completo, è capace di ammaliare con le sue storie, senza tralasciare l’importanza di personaggi veri e concreti e di uno sfondo altrettanto vivo. King ha attraversato indenne quasi cinquant’anni di letteratura, senza – o quasi – mai perdere un colpo. Ha raccontato gli anni Settanta e gli anni Duemila con la stessa veridicità. Leggere i suoi primi romanzi e leggere gli ultimi è un vero e proprio salto temporale, tra passato e presente: possiamo realmente vedere un’America che non c’è più, contrapposta a quella più attuale; King ha un’innegabile abilità nel narrare non soltanto grandissime storie, ma anche l’evoluzione del mondo e dell’umanità cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni.
Uno dei più grandi narratori del ventesimo secolo
Per come la vedo io, lui è uno dei più grandi narratori del Ventesimo (e Ventunesimo) Secolo. E a chi dice o pensa che le sue storie non siano vera letteratura, io consiglio di andarselo a rileggere. Il bullismo che si trova in It o in altri suoi romanzi, scritti venti o trent’anni fa non è una delle piaghe che stiamo vivendo oggi? I padri alcolizzati e violenti delle sue storie, non somigliano tristemente ai protagonisti dei femminicidi orrendi e deprecabili di cui purtroppo sentiamo notizia spesso nei nostri tg?
Se non vogliamo dire che King ha saputo anticipare alcuni temi, oggi purtroppo di grande attualità, possiamo senz’altro dire che ha saputo raccontare come pochi la realtà Occidentale, fatta di grandi e piccole città, di temi a volte elevati, altre volte molto più infimi. E lo ha fatto non con la prosa “impegnata” dei saggi letterari, ma con una formula molto più alla portata di tutti: quella del romanzo o del racconto, spesso intrecciato da venature horror o fantastiche.
Se mi si chiede, dunque, qual è l’autore che più di tutti ha influenzato la mia formazione di autore, pur con difficoltà data l’ampia e difficile concorrenza, ecco emergere il Re. Perché le sue storie mi hanno tenuto incollato alle pagine, trasmettendomi ogni tipo di emozione, dalla paura alla gioia, dalla malinconia alla tristezza, alla rabbia. Scrivere è emozionare. E in pochi sanno farlo con l’abilità di King.
Non ricordo il suo primo libro mai letto, è vero. Ma li ricordo tutti. E questo, per uno scrittore, credo sia il premio più grande.
Lunga vita al Re.