È un Manzù poco conosciuto quello in mostra fino al 26 settembre 2010 al MIDeC di Cerro di Laveno Mombello. Sono esposti trenta disegni di erbe e fiori realizzati dal grande scultore bergamasco quando, nel 1944 ospite dell’industriale tessile Carlo De Angeli Frua nella sua villa di Laveno sul lago Maggiore, esercitò la sua vena creativa.
«Si tratta – spiega la dottoressa Cristina Rodeschini, curatrice con la dottoressa Zanella della mostra – di una commissione che viene affidata all’artista dalla famiglia Frua, alla guida di uno dei maggiori gruppi industriali lombardi nel ramo tessile. A coinvolgere lo scultore dovette essere Carlo Frua De Angeli, imprenditore dagli spiccati interessi artistici, maturati nel corso degli anni trenta quando l’industria lombarda prendeva parte attiva, con le proprie produzioni, alla Triennale, crocevia di studio, sperimentazione e proposizione di modelli formali e di soluzioni tecniche».
Giacomo Manzù. Nato a Bergamo nel 1908, figlio di un ciabattino, fin dall’età di undici anni fece l’apprendista presso vari artigiani, fra cui un carpentiere e un intagliatore del legno, e in seguito ottenne il diploma in plastica decorativa all’Istituto Fantoni. Durante il servizio militare a Verona nel 1927 frequentò sporadicamente l’Accademia Cignaroli. Dopo un breve viaggio a Parigi nel 1929, Manzù si stabilì a Milano, dove l’architetto Giovanni Muzio gli commissionò la decorazione della cappella dell’Università Cattolica svolta dal 1931 al 1932. Nel 1932 prese parte a una mostra collettiva alla Galleria del Milione e venne pubblicata la prima monografia su di lui dall’editore Giovanni Scheiwiller. A onta di questi successi iniziali Manzù si ritirò a Selvino, Bergamo, dove l’adozione di fonti d’ispirazione egizia e minoica venne rimpiazzata dall’esempio di Medardo Rosso. Alla Triennale di Milano del 1933 espose una serie di busti che gli portarono lusinghieri riconoscimenti. Insieme al pittore Aligi Sassu con cui divideva lo studio, si recò a Parigi dove visitò il Musée Rodin. L’anno seguente tenne la sua prima grande mostra, insieme a Sassu, alla Galleria della Cometa di Roma. Nel 1939 iniziò la serie di bassorilievi dedicata alle Crocifissioni sino al 1946, che con uno stile classicheggiante e un pathos che si richiamava a Donatello, si serviva dell’iconografia cristiana per simboleggiare la resistenza alle brutalità del regime. Le opere, durante l’esposizione alla Galleria Barbaroux di Milano nel 1942, vennero messe sotto accusa sia dalla Chiesa e sia dallo Stato.
Intanto Manzù continuò a guadagnarsi riconoscimenti ufficiali: venne nominato professore di scultura all’Accademia di Brera nel 1940, e il suo nudo di Francesca Blanc vinse il Gran premio di scultura alla Quadriennale di Roma del 1942. Trascorse gli anni della guerra a Clusone sopra Bergamo. Nel 1946 Manzù eseguì numerosi studi per il ritratto della signora Lampugnani che poi realizzò a grandezza naturale. Alla Biennale di Venezia del 1948 venne insignito della medaglia d’oro per la sua serie dei cardinali iniziata già nel 1937. Insegnò a Brera fino al 1954, e successivamente all’Accademia estiva di Salisurgo dal 1954 al 1960. Qui incontrò Inge Schabel che divenne la compagna della sua vita; lei e sua sorella Sonja diventarono le modelle fisse dei suoi lavori. A Salisburgo eseguì la Porta della Morte per San Pietro a Roma dal 1958 al 1964. Una volta portato a termine questo incarico, Manzù si trasferì ad Ardea, fuori Roma, dove lavorò al terzo dei suoi portali, la Porta della Pace e della Guerra, per la chiesa di San Laurenz a Rotterdam dal 1965 al 1968. Dopo essersi dedicato per quasi un decennio al bassorilievo ritornò alla figura a tutto tondo e a temi più intimi come Passi di danza, i Pattinatori e gli Amanti. Ha anche disegnato scenografie e costumi, tra cui quelli notevoli per l’Oedipus rex di Igor Stravinskij del 1965, per Tristano e Isotta di Richard Wagner del 1971 e per il Macbeth di Giuseppe Verdi del 1985. Manzù ha ottenuto molti riconoscimenti dalle istituzioni artistiche, compreso il titolo di membro onorario della Royal Academy of Arts di Londra. Nel 1979 ha fatto dono della sua collezione allo Stato Italiano, e nei successivi anni visse a Londra e lavorò ad Ardea, dove scomparve nel 1991.
L’erbario di Laveno, del quale è ora possibile ricostruire la cornice culturale e l’ambiente naturale, è il risultato di una attenta osservazione dal vero. Manzù analizza la caratteristica di ciascun vegetale sia essa la flessuosità o la rigidità, la trasparenza o la compattezza, l’effetto vellutato del fogliame o la sua struttura delicata. Di grande abilità poi l’utilizzo della penna su un supporto sensibile come la carta assorbente, in grado di consentire risultati di suadente tattilità a condizione che il tratto sia guidato da una mano rapida, sicura. Nel febbraio del 2004 la collezione è stata acquisita dalla Fondazione Credito Bergamasco che ha deciso di depositarli in comodato gratuito alla GAMEC di Bergamo per consentirne la fruizione da parte di tutti gli appassionati di Manzù.
In mostra al MIDeC, oltre ai trenta disegni, si possono vedere l’erbario essiccato realizzato grazie alla collaborazione dell’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo, corrispondente alla serie disegnata dall’artista. Quasi tutte le specie vegetali ritratte sono state riconosciute e, salvo poche eccezioni, crescono ancora nel parco della villa appartenuta ai De Angeli Frua, ora sede del Comune di Laveno. Si possono anche ammirate alcune sculture realizzate dall’artista in quell’importante periodo storico e gentilmente prestate da collezionisti privati. La mostra resta aperta tutta l’estate sino al 26 settembre 2010. Un catalogo ragionato, con testi di approfondimento e immagini delle opere, accompagna la mostra, così come una collezione di cartoline fatte realizzare appositamente dalla GAMEC di Bergamo per la prima esposizione della collezione nel 2004.
info:
I fiori di Manzù. Omaggio a Laveno Mombello
MIDeC Museo Internazionale Design Ceramico
Lugolago Perabò 5, Cerro di Laveno Mombello (VA)
Dal 17 luglio al 26 settembre 2010.
Martedì 10.00-12.30; mercoledì, giovedì, venerdì 10.00-12.30 / 14.30-17.30; sabato e domenica 10.00-12.30 / 15.00-18.00; lunedì chiuso.
Ingresso € 5,00, Ridotto € 3,00
Le visite di gruppo o di scolaresche vanno concordate con la Direzione del Museo (0332 66 65 30). È disponibile anche la visita guidata.
Tel./fax 0332 66 65 30
www.midec.org – museodellaterraglia@tiscali.it