James Dyson era uno dei sostenitori più accaniti della Brexit, secondo lui sarebbe stata fantastica per l’economia inglse e avrebbe permesso di dare più lavoro agli inglesi. Però a quanto pare si sbagliava. L’imprenditore brinattico, patrimonio netto di 5,3 miliardi di dollari, ha deciso infatti di trasferire il quartier generale del suo impero dall’attuale sede di Malmesbury, nel Wiltshire, a Singapore.
Il tycoon ha precisato l’uscita del Regno Unito dall’Ue non c’entra niente con la sua decisione, ma si fa molta fatica a credergli. La motivazione? “Una scelta per essere più vicini ai mercati emergenti che crescono velocemente”, perché che il 96 per cento dei suoi aspiratori viene venduto lontano da Albione. A conferma che Londra verrà probabilmente sempre più isolata dagli investimenti.
Dyson aveva già trasferito la produzione delle sue nuove auto elettriche a Singapore, per lanciare la sfida a Tesla di Elon Musk. Un progetto ricchissimo, pari a due miliardi di sterline (quasi 2,2 miliardi di euro), ma che ha scatenato altre polemiche. Ma del resto, Dyson fa affari in Asia da molto tempo (anche in Malesia e nelle Filippine) e già impiega 1100 lavoratori a Singapore per costruire motori e propulsori elettrici dei suoi ventilatori e aspirapolveri (nel 2017, a livello globale, gli articoli di Dyson hanno generato 4,8 miliardi di dollari di vendite).
Dyson non è il primo “brexiter” a comportarsi in maniera molto diversa dai suoi proclami. Molti sostenitori feroci della Brexit hanno avuto comportamenti piuttosto controversi negli ultimi tempi. L’ex leader dell’Ukip, Nigel Farage, se ne è praticamente disinteressato e i suoi figli si son fatti un bel passaporto tedesco. La compagnia del conservatore Jacob Rees-Moog ha aperto fondi di investimento in Irlanda. Un altro pasdaran euroscettico come Nigel Lawson ha pensato bene di richiedere la cittadinanza francese. E così via.