Tra le ninfee di Monet, al Museo dell’Orangerie di Parigi, fino al 25 Luglio, è possibile visitare la prima mostra monografica dedicata a Gino Severini dal 1967. Opere provenienti da Venezia, Parigi, Londra, Madrid e New York illustrano l’opera del più francese degli artisti italiani, dalle prime esperienze divisioniste con Giacomo Balla, alla stagione futurista e cubista segnata dall’amicizia con Marinetti, fino al “ritorno alla figura” degli anni ’20 e ’30. Una mostra, a cura di Gabriella Belli e Marie-Paule Vial, organizzata insieme al MART di Trento e Rovereto, museo che accoglierà la tappa italiana dell’esposizione dal 17 Settembre 2011 all’8 gennaio 2012.
Quello che stupisce in Severini, vera scoperta di questa mostra, è la rapidità dell’evoluzione poetica. In dieci anni le modalità d’espressione si avvicendano con una velocità impressionante, bruciando le tappe e giungendo ad uno stile “classico” ben lontano dalla foga futurista cui il suo nome è maggiormente legato. La mostra espone queste diverse fasi, intervallandole tra loro come fossero tasselli di un unico coerente mosaico, espressione di un animo metodico, docilmente alla ricerca di una possibile verità nascosta.
L’esperienza futurista si limita di fatto al periodo tra il 1911 e il 1915, pur divenendo il tratto distintivo della fortuna dell’artista; nella mostra si mescola sapientemente alla fase cubista, cui partecipa fino al 1919: gli incontri con Cocteau, Matisse, Juan Gris sono fondamentali per la crescita personale di Severini, tanto quanto l’influenza dei maestri Balla e Marinetti. Il suo “cubo-futurismo” si compone d’armonie sottilmente colorate, costruite sapientemente attraverso regole rigorose. È in questo periodo che realizza numerosi lavori teorici sulla geometria, la sezione aurea in particolare, pubblicati nel suo libro dedicato al rapporto tra l’arte e la matematica “Dal Cubismo al classicismo”. Questa è la preoccupazione principale di Severini: tornare ai valori tradizionali della pittura cominciando dalla costruzione; è lo spirito trasversale che unisce la prima all’ultima opera.
Iniziato alla tecnica divisionista da Giacomo Balla, arrivando a Parigi approfondisce la conoscenza di Seurat e del divisionismo scientifico. Di questo periodo restano numerosi paesaggi (“Printemps à Montmartre” del 1909) e le opere intimiste (“Autoritratto con Panama” del 1908).
Le poetiche vedute urbane lasciano ben presto lo spazio alle sperimentazione de “La Danse du Pan Pan au Monico” del 1912, opera ponte tra l’avanguardia milanese e quella parigina, sino ad arrivare alle pitture sulla guerra del 1914-15 (“Le Train blindé”). Sono di questo periodo le vere ed uniche sperimentazioni futuriste di Severini: “Espansione sferica della luce centripeta e centrifuga” del 1913-1914 o “Danseuse Bleue” del 1912 aderiscono appieno all’estetica marinettiana. Una fase artistica che si conclude nel classicismo del “Portrait de Jeanne et sa Maternité” del 1916, esaurendo di fatto l’esperienza futurista, senza rinnegare la coerenza dell’evoluzione poetica di Severini.
Alla luce di questa rigorosa volontà intellettuale possiamo comprendere la parte più inaspettata della mostra. Per un pittore da sempre associato al pregiudizio storico dell’artista futurista, disorienta l’improvviso e quasi inaspettato “Ritorno alla Figura” del primo dopoguerra. Il fascino dei tempi classici diventa predominante, i temi tornano tradizionali, sebbene riletti con una sensibilità novecentesca: i personaggi della Commedia dell’Arte e le nature morte accompagnano Severini fino alla fine. Ne sono un esempio eloquente la “Natura morta con chitarra” del 1919, sapiente trasposizione classicheggiante di un dipinto dalla forma cubista, e la “Natura morta con maschera” del 1929, in cui le forme tornite si associano ad elementi antichizzanti: una maschera teatrale, una colonna, un putto.
La mostra si chiude con “L’Arlecchino” del 1938 dell’Are Museum di Helsinki, sottolineando la corrispondenza perfetta con le collezioni del Museo de l’Orangerie, soprattutto per il desiderio di “ritorno all’ordine” e per le numerose rappresentazioni della maschera veneziana che lo avvicinano indiscutibilmente al francese André Derain.
Gino Severini è l’esempio perfetto del sodalizio perenne tra l’Italia e la Francia che unisce classicismo e sperimentalismo. “Cortona e Parigi sono le città alle quali mi sento più legato, sono nato fisicamente nella prima, intellettualmente e spiritualmente nella seconda”: Severini non aveva dubbio in merito.
- Informazioni sulla mostra
Titolo della mostra: Gino Severini (1883-1966): futurista e neoclassico
Durata: fino al 25 Luglio 2011
Sede espositiva: Museo Nazionale dell’Orangerie
Orario: Aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 18:00 tranne il Martedì.
Biglietto: 7,5 euro – ridotto 5 euro.
Info: 00.33 (0) 1 44 77 80 07
Sito internet: www.musee-orangerie.fr
- Articolo scritto in collaborazione con mostreinmostra