Ultimi giorni al Palazzo Ducale di Genova per vedere “Mediterraneo. Da Courbet a Monet a Matisse” (fino al 1 maggio 2011): 80 sceltissimi dipinti, provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo, per rivivere il fascino che il Mediterraneo, la sua luce e il suo colore ebbero, assieme al suo immediato entroterra provenzale, su almeno cinque generazioni di artisti, dalla metà del Settecento e sino ai primi quattro decenni del Novecento, passando ovviamente attraverso la grande stagione impressionista.
La mostra, curata da Marco Goldin, è promossa dal Comune di Genova, dalla Fondazione Palazzo Ducale e da Linea d’ombra, con il Gruppo Euromobil dei fratelli Lucchetta in qualità di sponsor principale e il supporto fondamentale di Costa Crociere.
“Dipingere il mare, la sua vastità, l’idea che dell’infinito e tuttavia anche della prossimità vi s’inscrive, è cosa – afferma Marco Goldin, curatore della grande mostra – che nel XIX secolo assume una rilevanza difficilmente dimenticabile. Se a nord sono le visioni fortemente spirituali di Friedrich o le tempeste baluginanti e magmatiche di Turner, a sud la costa del Mediterraneo, e naturalmente il suo immediato entroterra provenzale, sono il punto d’incontro di più generazioni di pittori francesi, sicuramente cinque, che dall’ambito del classicismo prima e del realismo poi, si tendono fino alla dissoluzione del colore nella materia mirabile di Bonnard quasi al confine con la metà del XX secolo”.
La mostra di Palazzo Ducale vuole studiare questo itinerario magico dentro il colore, che a Van Gogh fece così scrivere: «Colore cangiante, non sai mai se sia verde o viola, non sai mai se sia azzurro, perché il secondo dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia.» Eppure la costa del Mediterraneo francese si impose con notevole ritardo nella percezione che i pittori avevano del paesaggio in quell’inizio di XIX secolo, proprio nel momento in cui Pierre-Henri de Valenciennes pubblicava il suo celebre trattato sulla rappresentazione della natura. Perdurava l’idea che la nozione del Mediterraneo fosse stretta al senso dell’antichità e in primo luogo alla romanità. Per cui il riferimento alla coste italiane, quali luoghi deputati di questo riandare all’antico, dominava la pittura.
Un contributo fondamentale a un primo cambiamento, dopo i vasti quadri settecenteschi con la città e il porto di Tolone di Joseph Vernet prestati dal Louvre e poi quelli di Hubert Robert a Valchiusa da cui la mostra prende le mosse, venne da Gustave Courbet, che nel piccolo villaggio di pescatori di Palavas, a sud di Montpellier, dipinse alcuni dei suoi capolavori. In mostra ve ne sono un paio, a sancire il drastico cambiamento di rotta che pone l’uomo, o il suo essere assente, davanti alla grandezza del mare. A questo tempo del realismo si possono certamente ascrivere anche le opere di Émile Loubon, con i suoi quadri realizzati attorno a Marsiglia, Antibes e Nizza. Così come quelli di Paul Guigou e Adolphe Monticelli. La cosiddetta scuola di Marsiglia che si staglia a metà secolo con la volontà di descrivere il reale con tutta la sua forza di presentazione e dichiarazione.
A questo primo tempo della mostra ne succede un secondo, quello in cui alcuni grandi dell’impressionismo danno conto, in molti quadri sublimi, delle loro visite, o lunghi soggiorni, in Provenza e lungo la costa del Mediterraneo. Da Cézanne a Monet, da Renoir a Boudin a Van Gogh. Cézanne che dalla fine degli anni sessanta coltiva quello spazio, sia esso il mare o il bosco, come la nascita di una continua, sempre nuova bellezza. Renoir che proprio vicino a Cézanne dipinge, nel 1882, scorci bellissimi di natura all’Estaque. E in mostra a Palazzo Ducale vi sono due capolavori realizzati proprio da Cézanne e Renoir all’inizio del 1882, quando il secondo lascia la Sicilia per raggiungere all’Estaque Cézanne che dipinge. E giunto da poco lì realizza, fianco a fianco all’amico pittore, il cavalletto fissato un po’ più in basso rispetto all’altro, il quadro più cézanniano della sua storia e certamente uno dei più bei paesaggi tra i suoi. Inquadrando la piccola valle, le rocce e il cielo mentre Cézanne, un poco più su, scavalca con lo sguardo le rocce stesse, inquadrando l’azzurra e non scalfibile distesa del mare.
E ancora i due soggiorni di Monet, presente con una decina di opere, nel 1884 a Bordighera e nel 1888 ad Antibes, quando il mare è come un tappeto di pietre preziose. O Boudin, che solo pochi anni dopo rincorre la scia di Monet davanti al Forte di Antibes, aprendosi a una visione che torna quasi vicina a quella della realtà di Courbet. E poi i due anni provenzali di Van Gogh, tra i primi salici nell’impatto del sole e i campi di grano. Ognuno di questi pittori approfondisce il suo mondo, nell’inesausto cammino tra il colore e la costruzione con il colore.
Anni cui seguono quelli del post impressionismo, che hanno soprattutto in Signac tra Saint-Tropez e Antibes la loro punta di diamante. Ma anche Van Rijsselberghe, Cross, Valtat, Guillaumin, Manguin, Camoin solo per dire di alcuni. E dentro una luce precipuamente francese stanno quei quadri che Edvard Munch dipinse a Nizza, nel corso di un periodo di convalescenza, tra 1891 e 1892, quadri quasi tutti in mano privata. Da farci comprendere come l’impatto con la luce del Mediterraneo non sia invano per nessuno, solo se consideriamo che Munch, quando scende a Nizza, è già diventato il Munch che tutti abbiamo in mente. E pur tuttavia la pressione della luce e del colore sulla sua pittura non lo lasciano mai indifferente.
La sezione dedicata alla pittura dei Fauves è certamente assai significativa, con quadri di autori quali Matisse, Derain, Marquet, Braque, Friesz, Dufy, in quel loro indicare come il Mediterraneo, soltanto pochi decenni dopo, sia cosa ormai completamente diversa rispetto alle visioni di Courbet. Già pienamente dentro la modernità di un secolo che si veniva appena aprendo. E semmai chiudendo dentro ampie zone di colore quella che era stata la dispersione del colore di Monet sul mare davanti ad Antibes nel 1888.
E poi nella regione provenzale, e sulle rive del Mediterraneo, la presenza, a XX secolo ampiamente iniziato, di Felix Vallotton, Chaïme Soutine e Pierre Bonnard, il pittore che più di ogni altro ha saputo consegnare la strabiliante lezione di Monet al secolo nuovo. Nella partecipazione che il colore fa dello spazio e del tempo. Nel rendere quello spazio e quel tempo realtà solo della pittura. Dove non è più la descrizione dei luoghi mediterranei e provenzali, ma piuttosto la dimensione della visione ininterrotta.
- Info e prenotazioni: www.lineadombra.it
- Fonte: studioesseci.net