Realizzata in collaborazione con il Leopold Museum di Vienna – sede della maggiore raccolta al mondo di opere del grande artista austriaco Egon Schiele (1890-1918) –, la mostra aperta fino al 6 giugno al Palazzo Reale a Milano, curata da Rudolf Leopold, direttore artistico del LeopoldMuseum, e Franz Smola, conservatore del Museo austriaco, presenta circa 40 dipinti e opere su carta di Schiele, accompagnati da altrettanti capolavori di Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser e vari altri protagonisti della cultura viennese di primo Novecento.
La mostra ricostruisce attorno alla figura di Egon Schiele, il clima culturale di Vienna nei primi anni del XX secolo, partendo dalla fondazione della Secessione, attraversando le tendenze espressioniste della generazione successiva, fino al 1918, anno segnato dalla fine della prima guerra mondiale e dalla morte di Klimt e Schiele. Un breve ma intenso periodo, in cui Vienna, da centro della cultura mitteleuropea, diventa teatro di rovina della vecchia Europa.
Si tratta di una rara occasione per ammirare, affiancati alle grandi opere esposte di Schiele, tra cui i celeberrimi Donna inginocchiata con abito rosso-arancione (1910), La danzatrice Moa (1911), Autoritratto con alchechengi (1912), Case con biancheria colorata (periferia) (1914), Donna accovacciata con foulard verde (1914), Donna distesa (1917), altri capolavori dell’Espressionismo austriaco come Autoritratto con busto nudo su fondo blu (1904-1905) di Richard Gerstl, Venere nella grotta (1914) di Kolo Moser, Autoritratto con mano sul viso (1918-1919) di Oskar Kokoschka, che per la prima volta sono riuniti in un progetto tanto ambizioso, quanto completo ed esaustivo.
Schiele nasce nel 1890 a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna. A quell’epoca, la capitale asburgica conosce una straordinaria crescita demografica ed è un centro commerciale e culturale fiorente e di forte richiamo, riferimento per lementi più vivaci dell’Impero. Il clima artistico è animato in quegli anni dallo scontro di correnti di stampo opposto e dall’affermarsi di spinte innovative quali, prima fra tutte, la Secessione fondata nel 1897, presieduta da Gustav Klimt. Essa riconosce all’arte il ruolo di forza propulsiva, ma anche di denuncia della realtà e, in quanto tale, di forza redentrice dal falsomoralismo della società dominante. L’inclinazione a contenuti simbolici, così come l’abbandono della prospettiva, la centralità della figura umana incastonata in uno spazio piatto, sono elementi tipici dell’arte secessionista, ripresi ed estremizzati dall’Espressionismo.
All’epoca della fondazione della Secessione, Schiele è solo un bambino, sebbene artisticamente dotato e con una forte passione per il disegno. Più tardi, studente dell’Accademia, il suo stile sembra aver già assorbito molto delle innovazioni della nuova corrente artistica, e in particolare della lezione di Klimt. Ma già un anno dopo queste relazioni sembrano essere state superate.
In un lasso di tempo brevissimo, infatti, in Austria, e più propriamente a Vienna, si assiste allo sviluppo di controtendenze, ovvero di tendenze espressioniste, da parte di giovani artisti “dissidenti”, primi tra tutti Schiele, Kokoschka, Gerstl, appartenenti alla generazione successiva a quella di Klimt, Moll, Moser e degli altri secessionisti.
Tutto ciò accade in un frangente storico significativo, cioè mentre l’impero asburgico avanza nel proprio declino, mettendo in crisi un mondo dalle fondamenta secolari. Non a caso, proprio in questo momento storico, mentre Freud pubblica l’Interpretazione dei sogni, interrogandosi sulle pulsioni e le paure umane, a Vienna forti spinte creatrici demoliscono i saldi principi delle arti maggiori. Se in ambito musicale Schönberg introduce ilmetodo dodecafonico, dal punto di vista prettamente formale, il vincolo della linea netta e regolare tipico della Secessione viene superato a favore di un tratto più libero e sciolto – si guardi l’ultimo Klimt – per diventare segno tormentato nei giovani Schiele e Kokoschka.
Ciò che accomuna sotto la stessa etichetta i giovani artisti è il rifiuto della tradizione, l’uso di un segno primitivo ed elementare, l’impiego antinaturalistico del colore, la tendenza alla deformazione e alla riduzione delle forme a pure sagome (particolarmente evidenti in Albin Egger-Lienz), un linguaggio pittorico convulso e corposo, come per Anton Kolig, nelle cui opere le campiture cromatiche e le costruzioni spaziali sono tipiche del Fauvismo ememori di Cézanne; o ancora nelle opere di Herbert Boeckl, pittore del secondo Espressionismo, che sintetizza la poetica di Schiele e Kokoschka con quella cezanniana.
Dal punto di vista più concettuale, l’attenzione degli espressionisti per l’auto-rappresentazione, per i soggetti tratti dalla vita privata e per le vicende autobiografiche, deriva da un forte individualismo, dalla perdita del senso d’appartenenza a una collettività e persino a un movimento artistico. Schiele, come Kokoschka e Gerstl, spettacolarizza la fisicità dei corpi; ma il corpo non è altro che il tramite verso l’interiorità dei personaggi rappresentati. Quindi, non è il mero dato oggettivo ciò su cui i tre artisti indagano,ma l’introspezione dell’Io, e dunque il peso psicologico delle espressioni e dei gesti. L’attrazione di Schiele per la fisicità inizia a diventare predominante a partire dal 1910, anche grazie alla frequentazione con artisti di discipline che fanno del corpo stesso il proprio strumento, come il mimo Erwin van Osen e la danzatrice esotica Moa.
Come Freud, anche Schiele si addentra nell’animo umano. Prima di lui, nessun altro artista era stato così spregiudicato nel ritrarre le pulsioni più intime delle proprie modelle. La sua composizione perde i “bizantinismi” di Klimt, a favore di una maggiore essenzialità; il disegno è più nervoso e immediato, lo spazio si annulla, i punti di vista sono arditi e inconsueti, le posture disarticolate e sgraziate tanto da rendere i corpi mutili e ridotti nelle parti anatomiche. Anche nella rappresentazione dei paesaggi,Schiele rinuncia a qualsiasi connotazione topografica, rinnegando la prospettiva, tanto da ridurli a una giustapposizione di forme geometriche. Solo più tardi, durante la guerra, il suo stile diventa significativamente più realistico, le figure acquistanomaggiore tridimensionalità, ma l’indagine dell’interiorità del soggetto non viene mai meno.
Non si dimentichi poi che il dato biografico dei singoli artisti gioca un ruolo fondamentale nella loro produzione. Basti pensare alle vicende personali di Schiele. Ai passaggi dolorosi della propria infanzia, come la morte del padre malato di depressione, si unisce un carattere da vero borderline. La vita condotta con l’amante Wally Neuzil (la donna dai capelli rossi e dagli occhi verdi che campeggia in molti suoi disegni), l’esperienza del carcere in seguito all’accusa, poi non dimostrata, di abuso su minori, vanno di pari passo con la crescita della sua visibilità nel panorama artistico, all’interno del quale egli partecipa attivamente, esponendo presso le maggiori istituzioni di Vienna, Berlino, Dresda, Praga e Zurigo. Ma la sua carriera viene stroncata da una morte prematura, all’età di soli 28 anni.
A rendere questa mostra un evento davvero eccezionale, oltre alla bellezza delle opere esposte, contribuisce anche la collaborazione con il Leopold Museum di Vienna, la cui raccolta di capolavori (in parte messa a disposizione del pubblico italiano, proprio grazie alla mostra di Palazzo Reale) è testimone di un momento cruciale della storia che ha profondamente segnato l’intera cultura europea del secolo scorso. In mostra, grazie alle ricche restituzioni fotografiche e alla presenza di brani musicali in alcune sale (da Johann Strauss II a Gustav Mahler, ad Alban Berg), i visitatori avranno così la possibilità non solo di comprendere questo snodo fondamentale dell’artemoderna,ma di affacciarsi su quel palcoscenico vitalissimo che fu la Vienna di inizio Novecento.
Informazioni
Milano – Piazza Del Duomo 12 (20122)
+39 02875672
sito: comune.milano.it/palazzoreale/
Fonte: Ufficio Stampa Lucia Crespi