Come molto spesso è accaduto nel nostro Paese, la manovra economica recentemente varata è servita a risolvere un problema contingente e non contiene nessun provvedimento in grado di stimolare lo sviluppo o realizzare una maggiore equità fiscale. Più che in altri periodi, però, la sua rapida approvazione era indispensabile per evitare un pericolo immediato che trascendeva le sorti del nostro Paese. A richiederla erano l’Europa, i Mercati, la Confindustria, il Presidente della Repubblica, e tutte le forze sociali e politiche.
Dietro le necessità di natura economico-finanziarie e di rassicurazione degli investitori internazionali e dei nostri partner europei, questa finanziaria custodisce, però, nel suo profondo, la sintesi dello scontro tra Lega e Pdl e la dimostrazione che l’Unione Europea ha iniziato, seppure indirettamente, a governare anche le politiche economiche dei suoi stati membri. L’UE non si limita più a comandare, attraverso la BCE (banca centrale europea) la politica monetaria, ma interviene, oramai, anche nelle scelte di politica economica, finanziaria e fiscale.
Forse è il segnale che l’Europa unita si sta realizzando veramente. Siamo passati dallo stabilire le dimensioni dei cetrioli al costo del denaro, e da questo al governo dell’economia in senso lato. Ai nostri politici è rimasto ancora lo spazio per difendere i loro privilegi, ma presto anche questo spazio di manovra gli verrà sottratto e diventeranno dei puri esecutori delle decisioni prese a Bruxelles. Nel futuro, Berlusconi sarà sconfitto, ma non perché vincerà la sinistra, ma perché troppo “ingombrante” (e forse anche perché troppo italiano), troppo ricco e troppo potente per assoggettarsi a questo ruolo secondario.
Lo scontro Lega-Pdl è diventato lo scontro Tremonti-Berlusconi e questo a sua volta è la rappresentazione dello scontro fra politica europea e politica nazionale. Tremonti è, ormai, un uomo di Bruxelles. La sua preoccupazione principale è rassicurare i mercati, difendere l’euro, tenere i conti in ordine e far sopravvivere l’Unione Europea, che verrebbe compromessa da un crollo dell’Italia.
B erlusconi, invece, è rimasto legato alle posizioni che aveva nel 1994 (e che all’epoca aveva anche Tremonti). Vorrebbe stimolare la crescita attraverso la riduzione della pressione fiscale, il liberalismo e con lo slancio del suo ottimismo. E, soprattutto vorrebbe governare l’Italia come se lui ne fosse il padrone e l’Ue non esistesse.
Forse Tremonti ha cambiato le sue posizioni per adeguarsi alla trasformazione che l’economia mondiale ha subito in questi anni e sta ancora subendo, o forse ha capito che l’unica possibilità per liberare l’Italia dalla corruzione, dal malaffare e dalla miopia politica è rimanere attaccati all’Europa e far comandare quei burocrati.
Lo scontro fra i due è stato incerto. Sicuramente Tremonti sperava di vincerlo grazie all’appoggio della Lega, ma i deludenti risultati del Carroccio alle amministrative lo hanno lasciato un po’ indifeso. E, infatti, l’incertezza sulla natura della finanziaria ha posto, nelle settimane passate, il nostro Paese alla pressione dei mercati (pressione che ancora non si è esaurita) e al rischio speculazione.
Il Ministro dell’Economia, però, ha trovato il suo sostegno a Bruxelles, di cui è diventato il garante, e nella fiducia che la grande finanza ha di lui. Così è diventato inamovibile. La cosa paradossale è che l’uomo più rappresentativo della Lega si è rafforzato grazie a quelle forze che il Carroccio ha spesso osteggiato. Ma, ora, dall’indebolimento dello Stato centrale la Lega spera di ottenere una maggiore autonomia per il Nord.
Berlusconi ha anche tentato contro Tremonti il “metodo Boffo”, ma la posta in gioco è troppo grande e una campagna denigratoria non può bastare a vincere questa partita. La metà, circa, dei titoli pubblici italiani è in mano alle banche tedesche e francesi. Un crollo del nostro Paese sotto gli attacchi della speculazione trascinerebbe, inevitabilmente, anche questi Stati nel baratro e l’Europa unita finirebbe.
La strada da percorrere è ancora lunga e l’Europa dovrà rassicurare sulla sua tenuta. Le forze in gioco sono enormi ed è impossibile fare delle previsioni. Se queste difficoltà saranno superate, però, la strada si farà piana e facile da percorrere anche per noi.
Intanto speriamo che la manovra sia sufficiente a tranquillizzare i mercati sulla tenuta dei nostri conti.
2 commenti
originale visione. lo scontro sicuramente c’è ma la maggioranza cadrà solo se il presidente d.r. cercherà di realizzare un governo istituzionale o tecnico. ma ancora non ci sono i presupposti
comunque grazie del quadro d’insieme
caro giggi,
originale versione ma molto molto veritiera. La realtà è che ormai l’europa è un regno in mano all’asse franco-tedesco. Tutto è stato fatto in loro funzione: la moneta, le leggi, le politiche industriali. Non ti sei reso conto come da una decina d’anni tutti i prodotti e le imprese francesi e tedesche abbiano invaso l’Italia (altro che le cinesi…). La verità è che l’Italia è stata assente, ha dormito sugli allori e ora facciamo tutti la spesa al Lidl o al Carrefour e guidiamo tutti macchine tedesche o francesi, al punto che la Fiat non sa più cosa farsene dell’Italia. Crede che il presidente B., attorniato com’è di Audi, si renda conto di essere un manichino nelle mani dell’imperialismo franco-tedesco? Auguri à tutti!