I risultati del referendum sono noti solo da alcune ore e le conseguenze sono già disastrose. Nel momento in cui scrivo la sterlina si è svalutata sul dollaro di oltre il 7% e sull’euro di quasi il 6%. Le borse del vecchio continente e quelle asiatiche sono crollate. Naturalmente sono in positivo l’oro, il dollaro e la borsa americana.
Cosa succede?
Tutto quello che sta succedendo è solo il frutto di un’attività speculativa perché, da ieri, i dati dell’economia reale britannica e mondiale sono rimasti esattamente gli stessi. Semmai a far paura sono le previsioni; i possibili scenari che potrebbero avverarsi. Primo fra tutti quali accordi economici e commerciali la Gran Bretagna farà con l’Unione Europea, ma per avere una risposta ci vorranno almeno due anni. Potrebbe essere molto preoccupante il grande deficit esterno della Gran Bretagna, che è pari al 7% del PIL e che andrà comunque finanziato con valuta estera, diventando sempre più cara per gli inglesi (sempre ammesso che la Sterlina continui a svalutarsi).
Né fuori né dentro
La Gran Bretagna, comunque, non mai stata completamente integrata nell’Europa Unita, tanto che ha conservato la sua moneta, non ha aderito al trattato di Schengen e ha stipulato degli accordi commerciali separati. Ora se per il Regno Unito ci saranno delle conseguenze economiche fortemente negative, questo favorirà non chi vuole separarsi, ma chi sostiene la necessità di rimanere in Europa e nell’Euro.
L’UE deve cambiare
La politica economica e finanziaria dell’Europa, però, non potrà essere più la stessa. Il rigore e la leadership della Germania dovranno cedere il passo in favore di una politica economica incentrata sulla crescita. Se si vuole contrastare questa voglia di “exit”, bisognerà mettere in campo dei provvedimenti che facciano sentire i cittadini europei protetti dall’appartenenza all’Unione. Il voto di ieri ha segnato la fine dell’”austerità” europea. Siamo giunti a un momento di svolta. La nuova Europa dovrà avere una maggiore attenzione sociale.
Giovani senza futuro
Vedendo le percentuali di voto, poi, appare chiaro come i grandi sconfitti siano i giovani e le persone con una cultura universitaria. Infatti il 75% dei votanti dai 18 ai 24 anni e il 54% di quelli dai 25 ai 49 hanno votato per rimanere in Europa. A vincere, quindi sono stati coloro dai 50 anni in su. Rilevante è anche il dato sul titolo di studio. Il 71% delle persone con una laurea hanno votato contro l’uscita. Il leader dei democratici Tim Farron ha sintetizzato quanto accaduto dicendo: « I giovani hanno votato con un ampio margine per restare, ma il loro voto è stato surclassato… Sono andati a votare per il loro futuro, che però gli è stato portato via».
Non ci resta che attendere e vedere che cosa succederà.