Dopo la fortunata esposizione del 1999, non vi è stata più occasione di riproporre al pubblico le 48 carte del mazzo di tarocchi braidense, detto Brambilla dal nome della famiglia milanese che l’ha posseduto nel corso dell’Ottocento e di buona parte del Novecento.
Il mazzo, realizzato dalla bottega cremonese di Bonifacio Bembo tra il 1442 e il 1444 circa per il duca di Milano Filippo Maria Visconti, è stato acquistato nel 1971 dallo Stato per la Pinacoteca, grazie anche all’interessamento dell’Associazione Amici di Brera e dei Musei milanesi.
Per ragioni conservative, legate al materiale costitutivo (cartoncino pressato, rivestito di un sottile strato di gesso, con foglia d’oro o d’argento e coloritura a tempera), i tarocchi non possono essere esposti con continuità.
La mostra, curata da Sandrina Bandera e Marco Tanzi, presenta una scelta campionatura di opere – in alcuni casi mai esposte – che, nel secolo scorso, sono state alla base del recupero critico della stagione estrema del gotico in Lombardia e intende fare il punto sull’affascinante produzione artistica della famiglia cremonese dei Bembo, protagonista, tra Lombardia ed Emilia, del delicato passaggio dalla cultura gotica cortese, e internazionale, a quella rinascimentale.
I fratelli Bembo, attivi alla corte milanese e nelle principali corti padane, attraversano quarant’anni di storia del ducato con ruoli da protagonisti: Bonifacio, alla guida della bottega cremonese, è il preferito dei duchi di Milano, che gli affidano la conduzione delle più importanti fabbriche nei centri del loro potere (Milano, Pavia, Cremona, Vigevano, Caravaggio); Ambrogio è il suo collaboratore prediletto tra gli anni quaranta e cinquanta. Benedetto, più giovane, e il presunto Gerolamo (se è riconoscibile nel cosiddetto Maestro di Monticelli) sono, invece, i beniamini dei feudatari padani, come i Pallavicino a Busseto e a Monticelli d’Ongina e i Rossi a Torchiara.
Bonifacio e Benedetto hanno interessi figurativi sostanzialmente differenti: Bonifacio guarda alla tradizione gotica di Milano e, in parte, di Venezia e si rivolge a Gentile da Fabriano, Masolino e Pisanello registrandone le opere presenti nei territori confinanti con Cremona e in Valpadana, come testimonia il trittico della prima maturità diviso tra i musei di Cremona e Denver, di cui è presente in mostra l’Incoronazione di Cremona. Benedetto è precocemente orientato sulla Ferrara di Leonello d’Este, tra lo Studiolo di Belfiore, Donatello e Rogier van der Weyden. Anche per gli altri esponenti della famiglia sono a disposizione, ormai, affidabili indizi per poter identificare Ambrogio e, forse, Gerolamo, e per ragionare sull’organizzazione della bottega.
A fare corona ai tarocchi dei due mazzi bembeschi presenti in mostra – quello di Brera e quello dell’Accademia Carrara di Bergamo –, sono esposte, grazie alla disponibilità e generosità dei prestatori, poche ma significative opere, selezionate per tentare di delineare, alla luce delle più recenti riflessioni critiche, le scelte espressive dei vari fratelli.
Per delineare le singole identità, ma anche il filo che unisce l’attività di questa genia di artisti cremonesi, sono presentate alcune opere significative: codici disegnati e miniati, tavolette da soffitto e dipinti su tavola: la rara Ascensione di Cristo di collezione privata, per la prima volta esposta al pubblico, e l’Assunzione della Vergine dell’Accademia Carrara (con importanti novità, grazie al restauro affrontato per questa occasione); il Salterio diurno ora a Mirandola (la prima opera di Bonifacio, del 1442), l’Historia di Lancillotto del Lago della Biblioteca Nazionale di Firenze (1446), le tavolette con le Storie della Genesi del Museo Civico Ala Ponzone di Cremona. Arrivano inoltre, sempre da Cremona, i ritratti dei duchi Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti (1462), affreschi strappati dalla chiesa di Sant’Agostino, mai usciti dalla città, e l’Incoronazione di Cristo e di Maria, del museo.
Gli ideali cortesi e il gusto araldico della committenza sono evidenti nei tarocchi, nel Lancillotto fiorentino e nel Diurnale di Mirandola. Il prolungato legame di Bonifacio con gli eremitani di Sant’Agostino a Cremona – dove affresca anche la cappella di patronato Cavalcabò, su commissione di Giovanna, figlia del signore della città Ugolino Cavalcabò – è rappresentato in mostra dall’Incoronazione di Cristo e di Maria, e dai ritratti ad affresco di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, già sulle pareti dell’altare ducale dedicato ai Santi Crisante e Daria.
Si è voluto dare conto anche di aspetti quasi seriali dell’attività della bottega, come la realizzazione di polittici con immagini di santi (le due tavole braidensi con i Santi Giuliano e Giacomo Maggiore e il San Francesco dell’Accademia Carrara); o l’esecuzione di preziose tavolette da soffitto (dal Museo Civico di Cremona), che ornavano le dimore della nuova nobiltà locale, stabilitasi soprattutto dopo l’avvento degli Sforza.
Per illustrare invece le varie dinamiche dell’attività dei Bembo ci sono poi capolavori che attestano le novità più aggiornate di Benedetto, di dichiarata ispirazione ferrarese, come la smagliante Madonna dell’Umiltà e angeli del Museo Lia di La Spezia. La presenza in mostra di un pannello con San Giorgio, proveniente dal Museo di Cremona, permetterà poi di verificare la personalità del presunto Gerolamo Bembo, la cui fisionomia è spesso confusa con quella di Bonifacio e di Benedetto. La tavola, memore della mondanità del gusto gotico, ha tuttavia una monumentalità più salda e un occhio più attento alle suggestioni prospettiche e alla luce tersa della pittura d’oltralpe.
La bottega (o le botteghe) dei Bembo rappresentano un modello esemplare del fervore culturale che anima, dalla metà del Quattrocento, Cremona, scelta nel 1441 per celebrare il matrimonio tra Bianca Maria Visconti, unica erede del ducato più importante dell’Italia settentrionale, e Francesco Sforza, fondatore della nuova dinastia. Nel segno delle nozze ducali si intrecciano, simbolicamente, i vecchi e i nuovi orizzonti culturali: la tendenza milanese a un visione gotica propriamente internazionale, derivata da Giovannino de’ Grassi e da Michelino da Besozzo, con uno sguardo più moderno, aggiornato sulle novità portate dal toscano Masolino, ma anche sulla lezione più espressiva in arrivo da Padova e Ferrara. Non solo: Cremona vede crescere le imprese artistiche per la presenza della corte sforzesca, e allarga il suo raggio di influenze anche grazie alla posizione geografica, favorita dalla grande via d’acqua (che offre un collegamento privilegiato proprio con Ferrara) e dal dinamismo degli scambi culturali in continuo aumento. La città si apre anche verso i centri vicini con una serie di significativi e documentati contatti, da Mantova a Verona, da Parma a Reggio. Se il castello di Pier Maria Rossi a Torchiara, alle pendici dell’Appennino parmense, è uno dei luoghi più evocativi del tardogotico padano, una recente ipotesi definisce proprio nei feudi del “magnificus et potens vir”, figlio di Giovanna Cavalcabò, la zona di provenienza di uno dei lavori più importanti della bottega del giovane Bonifacio Bembo: i disegni del Lancillotto ora presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Il codice è un capolavoro della cultura cavalleresca, eccezionalmente esposto in questa occasione, di qualità pari a quella dei Tarocchi braidensi.
I prestiti provenienti da Cremona sono stati facilitati dalla generosità del Comune, che ha sostenuto le spese di trasporto; il restauro degli affreschi provenienti dalla chiesa di Sant’Agostino è stato offerto dalla scuola Cr. Forma di Cremona; la tavola con l’Assunzione della Vergine dell’Accademia Carrara è stata restaurata da Carlotta Beccaria di Milano, grazie al contributo del Rotary club Bergamo sud.
Il catalogo, edito da Skira, contiene un testo introduttivo dei curatori, Sandrina Bandera e Marco Tanzi, ai quali si devono anche le schede delle opere in mostra (insieme a Martina De Petris e Carla Pinzauti).
Questa mostra corrisponde alla seconda parte del ciclo espositivo dedicato dalla Pinacoteca di Brera ai mazzi di tarocchi del XV secolo, che ha il privilegio eccezionale di possedere grazie a due acquisizioni abbastanza recenti: infatti segue all’esposizione appena conclusa Il segreto dei segreti. I tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento, curata da Laura Paola Gnaccolini.
Il ciclo delle mostre di Brera proseguirà poi per tutto il 2013 con altre due iniziative: la prima (7 maggio – 8 settembre) dedicata alla collezione di autoritratti appartenuti a Cesare Zavattini e recentemente acquisiti dalla Pinacoteca; la seconda (8 ottobre 2013 – 12 gennaio 2014) al fondo di pittura lombarda del Seicento, normalmente non esposto per ragioni di spazio.