In questi giorni primaverili non c’è nulla di meglio che preparare in fretta e furia una valigia con qualche maglietta a maniche corte (finalmente!) e partire all’avventura. La meta prescelta questa volta è un ‘assaggio di Balcani’ e infatti sono diretta a Zagabria, la capitale della Croazia.
Ed eccomi dunque a Zagreb, una splendida città da quasi un milione di abitanti nel cuore del Paese, sulla grande pianura della Pannonia che svolge il ruolo di centro di passaggio tra l’Europa centrale e il mare Adriatico. Sebbene la zona dove oggi sorge Zagabria fosse abitata fin dalla preistoria, la città vera propria inizia a svilupparsi solo a metà dell’ Ottocento; infatti nelle epoche precedenti su quest’area si contendevano gli interessi di due cittadine minori, Kaptol e Gradec, oggi due quartieri della capitale.
La Cattedrale di Zagabria
Una delle prime cose da visitare è sicuramente la Cattedrale dell’Assunzione, costruita in un elegante stile gotico, che domina tutta l’area circostante, con i suoi vertiginosi campanili gemelli ai lati della facciata. La chiesa attuale è il frutto della ricostruzione avvenuta dopo il 1242, quando un’orda di guerrieri mongoli, capeggiati dai nipoti di Gengis Khan, Batu Khan e Kadan, arrivò fino in Croazia e, durante un saccheggio, distrusse l’antica chiesa dell’anno Mille.
All’interno la cattedrale è seria e quasi austera. Pochi ornamenti, solo la luce si rende orpello e la fa da padronea, illuminando in schegge di luce di un delicato color oro anche gli angoli più nascosti. E nel soffitto blu, realizzato in sfumature che rendono omaggio alla figura della Madonna e del suo mantello, spiccano tre grandi lapadari dorati, i bracci sontuosi e imponenti che si allargano in volute sinuose lasciando chi li guarda a naso in su e bocca aperta.
Chiedo spiegazioni sulla loro provenienza e scopro un simpatico aneddoto che mi inizia a far capire lo strano e buffo carattere degli abitanti dei balcani. I tre lampadari, infatti, sono il dono di un ricco americano di origine croata che voleva omaggiare la sua città di origine con un regalo che si facesse osservare. L’americano in questione lavorava come cassiere di un casinò a Las Vegas, nel Nevada, e saputo che il proprietario dell’albergo dove era ubicata la sua sala da gioco rinnovava l’arredamento, pensò bene di comprarne i lampadari, impacchettarli e spedirli nella sua amata città di origine. Insomma, si può proprio dire che sia una cattedrale dove sacro e profano vanno a braccetto.
Folklore a Zagabria
Ma fra il folklore, le leggende e storie vere legate al passato, emerge anche un lato oscuro di Zagabria, e più precisamente quello legato alla storia della sua “Black Queen”. Questa Regina Nera viveva nel Castello di Medvednica, la vicina montagna oggi raggiungibile in tram dalla città, ed era una maliarda vestita di nero che tormentava il popolo e che aveva venduto la sua anima al diavolo. Quest’ultimo, dopo che lei tentò di ingannarlo, la trasformò in un serpente che tutt’oggi vive, addormentato, sotto al Castello. Questo serpente si è svegliato però nel 1880 e ha causato un forte terremoto i cui segni sono ancora visibili nell’orologio accanto alla Cattedrale, fermo da allora.
Questa regina sembra essere vissuta veramente: forse si trattava di Barbara di Cilli, una sfrontata contessa del XV secolo dedita all’achimia, che vestiva di nero perché vedova e che creò niente popodimeno che l’Ordine delDrago! Comunque sia, tuttora ci sono filastrocche che la citano e pare che oggi la regina serpente si faccia percepire in città in più modi.
Tra gli altri misteri che mi hanno colpito c’é quello quello relativo alla cappella Sv. Dizmuša, che si trova in un incrocio in città. Lì ho scoperto che in Croazia non bisogna mai voltarsi indietro quando si è nei pressi di un incrocio, perché se lo fai è a tuo rischio e pericolo in quanto potresti incrociare lo sguardo dei fantasmi che lì vi abitano… Uomo avvisato…
Il museo dei cuori infranti
Cuori infranti di tutto il mondo: unitevi!
A Zagabria, infatti, in un palazzo settecentesco del centro storico, ha sede uno dei musei più curiosi d’Europa: “Muzej prekinutih veza” o Museum of broken relationships, noto come il “museo dei cuori infranti”. Qui gli oggetti appartenenti a relazioni finite vanno a far parte di una grande opera d’arte collettiva e partecipata che raccoglie fotografie, oggetti, lettere di amori passati che sono diventati troppo ingombranti per restare con noi, ma al tempo stesso troppo preziosi per essere gettati via o relegati dell’ oblio.
L’idea è nata proprio da una storia di amore vissuta e finita qui a Zagabria, quella tra l’artista Drazen Grubisic e la produttrice Olinka Vistica. I due vissero una storia d’amore intensa e appassionata che purtroppo finì. Una volta separati, i due decisero di creare qualcosa perché quello che era finito insieme al loro amore non sparisse del tutto, realizzando così una mostra itinerante nel 2006 che raccoglieva tutti gli oggetti che avevano un significato per la loro relazione. Presentata per la prima volta al 40° Salone dell’arte applicata e del design di Zagabria, la mostra è stata poi ospitata con enorme successo in moltissime città d’America, d’Europa e d’Asia. L’incredibile è che, da New York a Città del Capo, Istanbul, Londra e Singapore, ad ogni tappa insomma, la mostra acquisiva cimeli e ricordi di relazioni sentimentali finite di persone che la visitavano e, a loro volta, volevano lasciare un ricordo di un loro sentimento smarrito o logorato. Il pubblico infatti poteva donare un oggetto personale all’esposizione, prendendo parte alla creazione che così cresceva e cambiava ad ogni tappa. Ancora oggi la mostra viaggia nelle maggiori città del mondo, ma è a Zagabria che ha trovato la sua fissa dimora dal 2010.
Entrando nello specifico del museo che si trova a Zagabria, il percorso espositivo realizzato mostra centinaia di reperti sentimentali provenienti da tutto il mondo. Totem di amore e di rabbia, dai classici pelouche, ai bigliettini, passando per anelli, fotografie, fino a feticci più bizzarri: nani da giardino distrutti durante una lite, un’ascia, usata per distruggete tutta la mobilia di un appartamento e spedirla poi, pezzetto su pezzetto, all’ ex amore nel giorno del suo compleanno ; una gamba artificiale di un reduce, un sacchetto di pasticche dall’ aspetto inquietante. E ancora: telefoni, scarpe, compilation romantiche, collezioni intere di dischi. Pezzi di vita che possiamo ritrovare nelle nostre storie individuali, spesso simili, al di là dei confini geografici e delle nazionalità, ricordi universali in cui tutti possono riconoscersi.
Il senso di tutto ciò? Una volontà di esorcizzare i propri ricordi e ripartire da zero con un nuovo inizio? Io non penso si possa scordare il passato perché quello che ci é successo fa parte di noi e del nostro trascorso. Dimenticare il dolore è difficilissimo, ma ricordare la dolcezza lo è ancora di più. La felicità non ci lascia cicatrici da mostrare, quindi… Carpe diem!