È a Parigi che il maggio diventa il «Sessantotto». È a Parigi che il movimento appare più simile alla rivoluzione, che mette davvero in crisi il potere, che i giovani non sono più soli ma rappresentano la società intera.
3 Maggio: l’inizio
Il Maggio, a Parigi, esplode senza preavviso. Il pomeriggio di venerdì 3 il rettore della Sorbona chiama la polizia, che circonda l’università. Gli agenti entrano nei cortili, arrestano molti studenti. Nel giro di pochi minuti tutti gli studenti presenti nell’ateneo inscenano una manifestazione per la liberazione degli arrestati. Il rettore decide di chiudere l’università, una misura che nei settecento anni precedenti era stata presa soltanto nei giorni dell’occupazione nazista di Parigi. La notte tra il 3 e il 4 si forma un comitato composto da un rappresentante del sindacato, degli studenti e degli insegnanti. La sua richiesta immediata è semplice e ragionevole: riapertura della Sorbona, ritiro della polizia, liberazione degli arrestati. Lunedì 6 maggio polizia e studenti si affrontano davanti alla Sorbona: poi mentre questi ultimi si muovono in corteo lungo il Quartiere latino, i primi li attaccano con violenza inaudita, riempiendo di gas lacrimogeni boulevard Saint-Germain. I giovani non fuggono, ma costruiscono barricate con le automobili in sosta e disselciano le strade usando il pavé come arma offensiva contro i militi. La battaglia dura fino a tarda sera e si conclude con centinaia di feriti da entrambe le parti e quasi cinquecento arrestati fra gli studenti. Il giorno dopo marciano in trentamila, da boulevard Montparnasse fino agli Champs-Elysées e all’Are de Triomphe, dove bandiere rosse sventolano al canto dell”Internazionale. La brutalità della polizia ha reso l’opinione pubblica ben disposta verso gli studenti, che scendono in lotta anche in tutta la Francia. La sera di venerdì il ministro dell’Interno e il prefetto di Parigi decidono di far intervenire la polizia per smantellarle il quartiere latino. Le barricate bruciano, gli studenti sono inseguiti, picchiati, feriti, arrestati. La gente dall’alto getta acqua sui poliziotti, che sparano candelotti contro le finestre aperte; agli infermieri è impedito di soccorrere i giovani insanguinati o semiasfissiati dai gas. Anche questa voltai gli arrestati sono quasi cinquecento, i feriti che si sono fatti ricoverare altrettanti, le automobili distrutte duecento, quattrocento feriti tre le forze di polizia.
13 Maggio: gli operai e gli studenti
Lunedì 13 maggio i sindacati chiamano allo sciopero contro la violenza repressiva dello Stato. Oltre duecentomila persone manifestano contro De Gaulle. Quando il corteo si scioglie, alla fine del comizio, gli studenti si dirigono verso l’università: la Sorbona viene invasa pacificamente e occupata. I ritratti di Marx e Lenin, Mao e Trotzkij, Che Guevara e Rosa Luxemburg sono appesi lungo i muri, mentre le colonne sono avvolte da bandiere vietnamite e cubane. Gli slogan e le scritte che faranno presto il giro del mondo dicono: «tutto è possibile», «vie-tato vietare», «l’immaginazione al potere», «siate realisti, desiderate l’impossibile».
L’attività principale dell’occupazione è quella di spiegare alla società francese le ragioni della protesta: agli operai, agli studenti dei licei, alla stampa. Si parla di politica estera, nazionale, d’arte di cinema, di letteratura, di scienza, d’economia, di morale. Il clima sembra dominato dall’utopia rivoluzionaria, declinata in diverse e spesso opposte maniere, ma non manca chi pensa alle riforme che possono cambiare in meglio l’organizzazione dell’università e il mondo degli studi. È il vertice accademico a essere messo sotto accusa. I «mandarini», «i baroni», sono il primo bersaglio degli studenti.
La ribellione degli studenti si propaga rapidamente all’intera società, elettrizzata dalla vitalità e combattività dei giovani e scossa dall’inutile brutalità della polizia. I primi sono gli studenti liceali, riunitisi, poi è la volta degli attori, dei medici, degli scrittori, degli impiegati. Anche il festival di Cannes s’interrompe, Godard e Truffaut ne fanno un centro di mobilitazione per lo sciopero generale. Ma sono gli operai, scendendo in campo, a dare a una protesta sempre più generalizzata le sembianze di una possibile rivoluzione. Vengono occupate tutte le fabbriche di tutta la Francia. Gli studenti s’incontrano finalmente con gli operai. Il 18 e 19 maggio più di cento fabbriche sono occupate, gli scioperanti hanno superato i due milioni, i trasporti e i servizi pubblici sono bloccati.
22-30 Maggio: la fine del movimento
Benché i sindacati ufficiali rifiutino ancora di proclamare lo sciopero generale, il 22 maggio sono nove milioni i partecipanti al più grande movimento di lotta che scuote la Francia dalla fine della guerra. Il 24 maggio studenti e scioperanti attaccano la borsa, l’Eliseo, i ministeri delle Finanze e della Giustizia. I comitati d’azione in funzione soltanto a Parigi sono oltre quattrocento: la protesta è chiaramente sfuggita al controllo di sindacati e partiti, nonché delle stesse organizzazioni studentesche più estremiste. Ma la spontaneità ha raggiunto anch’essa il suo limite e si avvicina il momento in cui la tradizione organizzata farà sentire di nuovo il suo peso.
Il pomeriggio del 30 maggio il presidente della Repubblica si rivolge di nuovo al paese dalla televisione. Ha ottenuto dal generale Massu l’appoggio incondizionato dell’esercito. Chiama i francesi alle elezioni entro quaranta giorni, li mette in guardia dalla sovversione e dalla minaccia comunista, promette di ristabilire l’ordine, di riformare la scuola e l’università e di far partecipare gli operai ai profitti delle imprese. E’ la fine del maggio francese. Per un mese gli studenti hanno avuto l’illusione di avere con sé la società intera.